Cranio Randagio, due condannati per la morte del rapper. La mamma: «Sono tutti responsabili»

Cranio Randagio, due condannati per la morte del rapper. La mamma: «Sono tutti responsabili»
di Erika Chilelli
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Venerdì 8 Luglio 2022, 09:38

Si abbracciano in lacrime la mamma e il fratello di Vittorio Bos Andrei, il rapper, in arte Cranio Randagio, morto a 22 anni per aver assunto un mix di droghe, durante una festa a casa di amici, il 12 novembre 2016. Il processo a carico di Francesco Manente, Pierfrancesco Bonolis e Jaime Garcia De Vincentiis, tre amici della vittima, si è concluso con la sentenza. Il primo, accusato di morte come conseguenza di altro reato, cioè l'avere portato al party la droga fatale, è stato assolto, come chiesto dal pm Giovanni Nostro, mentre Bonolis e De Vincentiis sono stati condannati per favoreggiamento a 2 anni e 6 mesi di reclusione. Dovranno anche risarcire le parti civili con circa 8mila euro.

Per l'accusa, i due hanno coperto l'identità del pusher che aveva portato stupefacenti in quell'appartamento in zona Balduina e che non è stato individuato. «Per quanto mi riguarda sono tutti responsabili, anche mio figlio Vittorio», ha commentato la madre di Cranio, Carlotta Mattiello. «La verità - confessa con un tono di amarezza - è che non saprò mai come sono andate veramente le cose.

So solo che lui stava morendo e loro erano lì. Quello che desideravo da questo processo è che ci fosse una condivisione delle responsabilità, che non era mai emersa. Il fatto che il giudice in qualche modo abbia sottolineato con una pena la responsabilità è importante».

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Il rapper era stato trovato senza vita dopo una festa nell'appartamento di Bonolis. Una serata in cui gli invitati, come confessato da alcuni di loro nelle precedenti udienze, avevano bevuto più di trenta birre e dove giravano stupefacenti. Le indagini avevano portato la Procura a formulare le accuse per Manente, Bonolis e De Vincentiis. Il primo aveva scritto in un gruppo Facebook: «Io porto il crack». Una frase, per la difesa, «stupida e fuori luogo», e che ha fatto sì che il giovane venisse accusato di essere il pusher che aveva portato alla festa la droga che aveva ucciso il cantante. A Bonolis e De Vincentiis è stato invece contestato di aver ostacolato le indagini, non rivelando di aver assunto sostanze e da chi le avesse prese Vittorio.


IL DECESSO

La morte era avvenuta per una crisi cardiorespiratoria dovuta ad intossicazione acuta da stupefacenti. Era stata anche ripresa con il cellulare. Un gesto che i legali delle difese, Lorenzo Simonetti, Claudio Miglio e Giovanni Maria Giaquinto, hanno definito inconsapevole: «Erano drogati, ridevano, ma non si sono accorti di nulla, hanno pensato che stesse dormendo».
La sentenza del giudice Sabrina Lorenzo, è giunta dopo un'ora di camera di consiglio: a carico di Manente, accusato soprattutto sulla base del messaggio scritto agli amici, non c'erano abbastanza prove per arrivare a una condanna. Discorso diverso per gli altri imputati.
L'avvocato Marco Macchia, legale della famiglia di Vittorio Bos Andrei, ha definito giusta la sentenza: «I due ragazzi sanno da chi Vittorio avesse comprato la droga e non lo hanno voluto dire, nonostante siano stati chiamati più volte a rispondere sui fatti. Corretta l'assoluzione di Manente, accusato sulla base di un indizio».

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