Roma, il calvario del titotare dei bar (accusato di rapporti con i clan): «Assolto dopo sei anni,
ora rischio il fallimento»

Roma, il calvario del titotare dei bar (accusato di rapporti con i clan): «Assolto dopo sei anni, ora rischio il fallimento»
di Camilla Mozzetti
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Martedì 16 Febbraio 2021, 00:12 - Ultimo aggiornamento: 01:29

È stato accusato di conoscere e “servire” affiliati dei principali clan di Camorra e di ripulire, per loro, il denaro “sporco” con i bar e i locali che era riuscito faticosamente ad aprire nel cuore di Roma. Ma per la giustizia italiana Alfredo Mariotti è innocente. Accusato di associazione per delinquere, riciclaggio e intestazione fittizia - da ultimo nell’inchiesta partita nel 2014 a carico di Luigi, Antonio e Salvatore Righi, i tre fratelli accusati dalla Direzione distrettuale antimafia di ripulire i soldi del clan Contini con alcune pizzerie romane - a ottobre 2020 il gup Paola Della Monica ha firmato il «non luogo a procedere per non aver commesso il fatto». La sentenza non è stata impugnata diventando esecutiva il 12 dicembre scorso. Ma nel mentre la vita di Mariotti, oggi 75 anni, è stata stravolta.

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LA STORIA

Dalla sera al mattino si è visto togliere tutto: i locali, sequestrati per volere dell’Antimafia, la serenità.

Si è ammalato, ha perso un figlio per un tumore, ha visto il suo nome accostato a quello di navigati criminali. E se i locali alla fine di un lungo «calvario giudiziario», come lui stesso lo definisce, gli sono stati restituiti, per la serenità e gli anni spesi a dichiararsi innocente - quando gli inquirenti lo vedevano colpevole - non «ci sarà mai tempo». Una lunga storia la sua di «ingiustizia nella giustizia» che inizia intorno agli anni ‘80 del secolo scorso. «La mia colpa - dice Mariotti - è quella di essermi interfacciato con personaggi di cui non conoscevo la pericolosità». Nella sua vita Mariotti ha fatto un po’ di tutto «agente di commercio, rivenditore di auto» e nel suo percorso ha incontrato «chi non dovevo ma non lo sapevo», racconta oggi. Negli anni Ottanta quando aveva una concessionaria d’auto in zona Battistini vendette una golf turbo a un certo «Marco Papa che in realtà si scoprì essere Pasquale Casillo», un boss di Camorra che rimase vittima in un attentato proprio quando era a bordo di quell’auto che Mariotti gli aveva venduto. Ma lui non aveva idea di chi fosse l’uomo tant’è vero che per la morte di Casillo - stando alle indagini della Squadra Mobile dell’epoca - Mariotti non fu coinvolto in alcun modo.

Nel 2004 la Direzione distrettuale antimafia chiese il sequestro dei suoi beni per un processo di stampo camorristico a Torre Annunziata che però non esisteva. Da ultimo il suo nome è finito nel 2014 al centro dell’operazione “Margarita” coordinata dalla Dda sul giro di riciclaggio messo in atto dai fratelli Righi per conto del clan Contini. Svariati i locali sequestrati all’epoca e tutti riconsegnati dopo una sentenza di dissequestro del 2019.

L’INCHIESTA

«I Righi li conoscevo - racconta Mariotti - ma perché nel 1997 per rilevare un locale di somministrazione in piazza Montecitorio la cui licenza era in mano a uno di questi Righi chiesi a loro di cedermela». Fine. Eppure il « 22 gennaio 2014 alle tre del mattino mi ritrovai i carabinieri dentro casa, ad aprile dello stesso anno mi sequestrarono i tre locali che avevo aperto in Centro solo perché risultavano in passato dei contatti con i Righi». Nel corso dell’inchiesta non emerse null’altro ma «io sono rientrato in possesso dei locali solo dopo la sentenza dello scorso ottobre, non ho accettato la prescrizione perché ho sempre detto - aggiunge Mariotti - che se fossi stato colpevole avrei pagato tutto ma io non ero colpevole di nulla e lo sapevo». In sei anni le sue attività sono state affidate a custodi giudiziari ma le ha riavute indietro con debiti monstre: «Affitti non pagati, stipendi congelati, persino un furgoncino dei gelati usato per le consegne ha segnato 30mila euro di multe per passaggi nella Ztl irregolari, i custodi non avevano fatto i permessi, e ora mi ritrovo così, a rischiare il fallimento in piena pandemia da innocente. Quello che mi preme sottolineare - conclude Mariotti - è quanto pericoloso può essere il pregiudizio, quello che è accaduto a me può succedere a chiunque». Pagare a caro prezzo colpe mai commesse ma soltanto ipotizzate. 

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