Narcos italo-albanesi arrestati fra Roma e Reggio Calabria: ville, feste, auto di lusso e un aereo privato

La droga importata dal Sud America e distribuita fra l'Eur, i Castelli e il litorale

Narcos italo-albanesi arrestati fra Roma e Reggio Calabria: ville, feste, auto di lusso e un aereo privato
di Alessia Marani
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Giovedì 9 Novembre 2023, 07:04 - Ultimo aggiornamento: 10 Novembre, 12:35

La cocaina dal Sud America e dalla Calabria per la quale i narcos italo-albanesi studiavano rotte da coprire con un aereo da turismo e un pilota di cui disponevano («Posso atterrare a Milano, a Canicattì... guarda io c'ho un pilota dell'Aeronautica che è stato dove c'è la guerra.. No a Gaza? No in Cile? Ma in Venezuela... c'ha l'hangar suo...», diceva uno dei contatti intercettato dai carabinieri) e poi ancora le feste, gli investimenti nei locali del Centro di Roma, la passione per le auto di lusso (anche se non tutti avevano la patente) e la "bella vita" conseguibile, però, solo ottenuti i documenti "regolari" in Italia.

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È uno squarcio a tutto tondo sui legami tra consorterie nostrane e straniere, quello aperto dai carabinieri del comando provinciale di Roma che ieri all'alba, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno dato esecuzione a 12 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti soggetti (uno latitante) di stanza tra Rocca di Papa, Grottaferrata, l'Eur, il litorale e Reggio Calabria, tutti gravemente indiziati, a vario titolo, dei reati di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e spaccio.

Una donna albanese di 45 anni, Marian P. ora ai domiciliari era chiamata "Rosy Abate" come la madrina di mafia protagonista dell'omonima serie tv.

L'attività di indagine "Pilot 19" è una costola dell'operazione «Tritone», condotta dai militari del Nucleo investigativo di Roma e che, nel febbraio 2022, aveva disarticolato una radicata locale di ndrangheta nei comuni di Anzio e Nettuno, dedita non solo al narcotraffico ma anche al condizionamento della vita politica locale e al controllo delle attività economiche e degli affidamenti degli appalti locali. Tanto che i due comuni costieri furono sciolti per infiltrazioni mafiose. Ascoltando una conversazione del luglio 2019 tra Vincenzo Italiano (ritenuto dagli inquirenti un ndranghetista di lungo corso collaboratore di Bruno Gallace) e Federico Usai, entrambi non indagati in questo procedimento bensì nell'operazione Tritone, gli investigatori scoprono il contatto con un altro calabrese, detto "il biondo", un giovane legato alla ndrina Bellocco di Rosarno (Rc) che si fa vedere spesso a Roma dove (all'epoca dell'inchiesta) ha a disposizione un appartamentino nel retro di un ristorante di Frascati, sulla via Tuscolana, ed è spesso ospite a Casal Palocco nel ristorante "Al 186" allora gestito dal fratello, A. M., per cui ieri è stato disposto l'obbligo di firma. In pratica il business della vendita dello stupefacente dai confini di Anzio e Nettuno si era esteso ai Castelli e nella Capitale.

LE INTERCETTAZIONI

Il gip nell'ordinanza delinea la sussistenza di una stabile associazione criminale dedita al traffico di cocaina, con una struttura verticistica e ruoli ben determinati. A capo dell'organizzazione operativa in Italia c'era l'albanese Pellumb Pacrami, 49 anni, già arrestato per droga, tentato omicidi, violenza sessuale e sfruttamento della prostituzione. Di lui parla il giovane nipote Briken Ndreka che ne vuole ricalcare le orme. Al telefono con un amico lo mette a confronto con un altro esperto fornitore di Rocca di Papa, il 65enne Gianfranco Agus, "il vecchio": «Agus commerciava 3-4 chili da oltre trent'anni, zio Pacrami 20-30 chili alla volta forte», diceva facendo riferimento alla forza della sua organizzazione. «Quando c'è una base sicura cambia tutto». Ndreka nonostante la giovane età, racconta a un altro zio che è in Albania: «...Però a 21 anni mi sono sposato». E si lamenta del costo del matrimonio fittizio («siamo sposati sulla carta») contratto con l'aiuto di un agente compiacente: «Cinquemila quella là, altri 5 per i documenti...». Poi le spese per le feste e gli abiti costosi, di cui tuttavia si ravvede. «Duecento euro per una maglietta, mi sono pentito ma che ci posso fare, credevo di avere sempre soldi così...». Sempre intercettato dà conto di come in Albania l'importazione della droga sia organizzata in maniera molto remunerativa, «ti danno 5mila al mese tutto incluso». Spiega che dalla città di Elbasan arrivano «quelli forti», capaci di importare 300 chili dalla Colombia. Di contro, in Italia si dice sistemato: «Per il divorzio nessun problema (...) i documenti ce li ho tutti in regola, il lavoro anche, lo stipendio arriva sul conto, solo la patente non ho...», anche se ammette di avere fatto un incidente e di avere comprato tre auto. Non tutto però va a gonfie vele ai narcos italo-albanesi. È sempre Ndreka che racconta di avere perso una montagna di soldi nell'investimento di 25mila euro in un locale del Centro di Roma, tanto da meditare di andarsene in Spagna.
 

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