ROMA «Noi facciamo questo sit-in silenzioso, anche per rimarcare il troppo baccano che stanno facendo i nostri genitori intorno alla nostra lotta, all’occupazione della scuola e alle sanzioni che ci vengono inflitte dal preside per la battaglia in corso». Parla così, e non è il solo, un ragazzo della quarta G del liceo Tasso, quello dell’intellighenzia di sinistra e anche dell’eccellenza culturale. Lui è tra i più bravi della sua classe, e non sembrano certo impreparati o incolti questi studenti - ma parliamo di una minoranza rispetto ai mille iscritti nello storico istituto che ha formato buona parte della classe dirigente italiana - che hanno occupato la scuola a dicembre, è stato dato loro per questo il 5 in condotta, almeno a quel centinaio che si è autodenunciato, e sono in attesa di vedere se le sanzioni e le sospensioni decise diventeranno operative.
Dice uno di loro, Davide Taraschi, 18 anni, quinta F, né un padre né una madre famosi o vip (qui la sinistra politica può vantare tanta prole) e dotato di un eloquio già da dottorando post-universitario: «Noi non contestiamo le sanzioni, esagerate, che ci sono state inflitte».
Ancora Davide: «Sapevamo che ci sarebbero state punizioni. Non è questo il vero problema, a parte l’entità esagerata delle sanzioni». C’è invece il problema delle mamme e dei papà ficcanaso? «Le posizioni e gli atteggiamenti dei genitori devono restare dentro le mura domestiche. Noi non vogliamo la difesa o l’aiuto dei genitori che si atteggiano a politici o dei politici ci strumentalizzano in vista delle elezioni europee».
I MACIGNI
Simile il ragionamento di Marcello Ambrogi, 17 anni, e coincidente con quello che pensano per lo più sia quelli che hanno occupato sia quelli che sono stati contrari all’occupazione: «Sì, siamo un liceo d’élite. Ma quello che trovo assurdo è l’intervento dei genitori che difendono i figli utilizzando la propria popolarità. Anche perché fanno i protettori di figli che non sentono il bisogno di questa difesa e così facendo sviliscono la nostra battaglia». Più sbrigativamente, il secchione-militant della quarta G osserva: «I genitori non devono rompere le p... Sono dei macigni».
Ma è gustoso vedere intorno al sit-in di ieri lo sciamare di madri e padri, che vorrebbero strappare il megafono ai ragazzi e sostituirsi a loro ma per pudore non lo fanno. Abbandonandosi a ricordi del tutto fuorvianti: «Mi pare di rivivere il ‘77!». Totale assurdità: allora c’era la violenza e il rifiuto della scuola. In questo caso alcuni degli studenti del collettivo politico del Tasso sono animatori dei vari open day fatti apposta per convincere le famiglie dei ragazzini usciti dalle medie a iscriversi a questo liceo verso il quale, evidentemente, provano a modo loro ammirazione. Emma Casini, che fa la quarta con buon profitto e parla (davanti a uno striscione rosso su cui è scritto: «Scuola, spazio, socialità. Ci riprendiamo tutto») della necessità di avere un liceo «transfemminista, anti-razzista, anti-fascista» e dotato di «uno sportello di supporto contro le violenze di genere», dice anche: «No alle intrusioni propagandistiche dei genitori». E al suo fianco, un amico riccioluto: «Qualche genitore vip, si è preso la scena in queste settimane, ma noi non dobbiamo farci usare».
A un certo punto, durante il sit-in «contro la negazione del dissenso e la repressione non educativa ma punitiva», passa per la strada una professoressa che un tempo insegnava al Tasso, poi al Virgilio e ora in un altra scuola. Si avvicina a uno dei genitori presenti (pochi in realtà e che si trattengono dal fare le star, anche se ad alcuni di loro piacerebbe) e gli attacca un sermone: «Ma basta con queste madri e con questi padri che portano le pizze calde agli occupanti, li incitano a bloccare la scuola ed esultano e li consigliano se lo fanno. Una minoranza di studenti che impedisce a una maggioranza di avere il diritto di entrare in classe e di studiare dovrebbe avere qualcuno che la fa ragionare. Vi rendete conto di ciò che state facendo?». Ne nasce una conversazione interessante, proprio sul portone del Tasso. Che è una scuola particolare, ma a scuola devono starci - sia con le loro esigenze poco ascoltate sia con le loro forzature ingenue e anche ideologiche - i ragazzi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA