Roma, tavolino selvaggio, 9 ristoratori del Centro a giudizio: rischiano fino a 2 anni di carcere

Roma, tavolino selvaggio, 9 ristoratori del Centro a giudizio: rischiano fino a 2 anni di carcere
di Adelaide Pierucci
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Domenica 6 Novembre 2016, 09:46 - Ultimo aggiornamento: 12:08
La lotta contro i dehors abusivi si sposta in tribunale. Rischiano fino a due anni di carcere i ristoratori che per mesi si sono approprianti senza permessi, di vicoli e piazze storiche sistemando tavoli, ombrelloni e fioriere, per raddoppiare i posti a tavola a costo zero. Il pm Nadia Plastina, titolare dell'inchiesta battezzata Tavolino Selvaggio, ha appena firmato nove citazioni dirette a giudizio per altrettanti titolari di attività commerciali finiti sotto indagine con la doppia accusa di invasione di suolo pubblico e deturpamento. E a breve per loro si aprirà il processo.
L'ultimo blitz, di questo filone d'indagine, è scattato nel ristorante Bellacarne, al Portico d'Ottavia, dove i vigili urbani nei nove metri quadri occupati abusivamente hanno trovato e sequestrato 8 tavoli e 14 sedie, nonostante gli ordini amministrativi del Campidoglio di liberare la strada ripetutamente ignorati. Gli altri ristoranti, i cui titolari si ritroveranno assieme al processo, si trovano negli angoli più esclusivi del centro. A piazza di Spagna Le bistrot lounge bar; all'Ara Pacis l'cquasanta fish and lounge e l' Antica birreria viennese ; a piazza Navona, in via di Tor Millina, il Ristorante La Torre; a Trastevere L'arco di San Calisto; al Ghetto lo Sheva cafè e La taverna del ghetto, e La Rotonda 64, al Pantheon.

I SEQUESTRI
Dopo la raffica di sequestri in centro, l'inchiesta si era spostata in piazza di San Calisto per far visita al ristoranteArco di San Calisto, famoso per la cucina tipica romana e per il servizio esterno, per l'accusa, sul marciapiede e non autorizzato. Il gip Antonella Minunni, su richiesta del pm Plastina, aveva disposto un decreto di sequestro preventivo di 17 tavoli, 38 sedie e 2 ombrelloni e la contestuale iscrizione nel registro degli indagati per i gestori. Che avrebbero «arbitrariamente invaso», come riporta il capo di imputazione, «con più azioni di un unico disegno criminoso senza alcun titolo e al fine di occuparla e di renderla di pertinenza esclusiva dell'esercizio commerciale un'area di 77 metri quadrati di suolo pubblico». Un'attività, come la maggior parte finite nella lista nera, che aveva ignorato più volte i provvedimenti amministrativi che disponevano «la rimozione degli arredi e la chiusura dell'attività per cinque giorni e comunque fino al completo ripristino dei luoghi». Un ordine rimasto disatteso nel 2013 come nel 2015 e anche successivamente, visto che nell'ultimo blitz, nei mesi scorsi, tavoli e sedie erano state trovate ancora al loro posto, «su un'area demaniale», come aveva annotato il giudice. «L'occupazione del marciapiede», è stata la conclusione per tutti della procura, «integra gli estremi del reato di invasione di terreni, posto che determina un apprezzabile depauperamento della facoltà di godimento del bene. E' evidente come la collocazione sul marciapiede dei tavolini e degli ombrelloni, funzionali all'accoglienza dei clienti del ristorante, limiti lo spazio destinato ai pedoni». La procura da tempo ha detto stop all'epoca delle sanzioni amministrative ignorate, per passare alle incriminazioni penali. La maggior parte dei ristoratori ha chiesto di regolarizzare gli spazi da occupare.