Un nuovo contratto, a tempo determinato, per orchestrali e coro. Un tetto di prestazioni annue fissate nero su bianco,
con la possibilità per gli artisti di lavorare da liberi professionisti anche altrove. La rinascita del Teatro dell'Opera di Roma - sempre più nella bufera dopo l'addio del maestro Riccardo Muti - passa da qui. «Da una soluzione per risolvere alla radice i problemi di fondo», hanno detto ieri all'unisono il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, il sindaco Ignazio Marino e il governatore Nicola Zingaretti. E cioè i soci della Fondazione lirica che nel cda di giovedì ufficializzerà il piano. In tutto questo c'è anche un'ipotesi B: che la stagione 2015 rischi di slittare, «figuraccia planetaria» che tutti vogliono scongiurare. A partire dal sovrintendente Carlo Fuortes, incaricato di portare avanti la riforma del Teatro dell'Opera con la benedizione del Mibact. Una svolta, sul modello tedesco e austriaco, che potrebbe fare scuola in Italia: un nuovo laboratorio Roma per la lirica. Destinato a rivoluzionare l'organizzazione del lavoro.
IL NODO
Durante la riunione mattutina al Collegio romano, ministro, sindaco e governatore hanno concordato su un punto: i contrasti avuti tra orchestrali e Muti durante la Manon Lescaut e gli scioperi che hanno funestato la stagione estiva di Caracalla hanno provocato danni di immagine ed economici. «Tutto questo - hanno ribadito Franceschini, Marino e Zingaretti - non consente di procedere alla semplice sostituzione della direzione del maestro Muti, senza che i problemi di fondo siano stati risolti».
Ed ecco dunque la soluzione proposta: rinegoziare i contratti di coristi e orchestrali (in totale nemmeno 200), portandoli tutti a tempo determinato, attraverso la costituzione di una cooperativa, arrivando così all'esternalizzazione dei servizi. Senza negare la possibilità a chi canta e suona di mettersi sul mercato alla ricerca di nuove recite e collaborazioni.
In queste ore gli uffici del Mibact e del Campidoglio sono in contatto per capire la parte normativa del nuovo contratto. Lo strumento da adottare, molto semplicemente, è contenuto nella legge sul lavoro. La situazione rimane molto delicata, e anche la magistratura contabile ha acceso un faro sulle presunte «spese pazze» della passata gestione del sovrintendente Catello De Martino. Un altro fronte pronto a scoppiare a breve, mentre in piazza Beniamino Gigli si naviga tra i marosi. Il sindaco e presidente della fondazione, Marino, è intenzionato a prendere la situazione di petto. E ieri mattina, durante il vertice al ministero, si è sfogato così: «Il Comune finanzia tutti l'Opera con 17 milioni di euro: non possiamo più esporre la Capitale alle pessime figure vissute recentemente».