Mafia Capitale, il tribunale del Riesame conferma l'aggravante mafiosa: «Carminati rispettato dalla 'ndrangheta»

Mafia Capitale, il tribunale del Riesame conferma l'aggravante mafiosa: «Carminati rispettato dalla 'ndrangheta»
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Mercoledì 7 Gennaio 2015, 18:03 - Ultimo aggiornamento: 8 Gennaio, 16:02

Il tribunale del Riesame di Roma ha legittimato l'aggravante mafiosa contestata agli indagati di Mafia Capitale.

«Non è indispensabile che i membri del sodalizio facciano uso concreto del potere intimidatorio di cui dispongono, ma occorre che intendano sfruttare la "fama criminale" acquisita in precedenza»: il collegio presieduto da Bruno Azzolini ha motivato anche così il rigetto delle richieste di revoca delle ordinanze fatte da Massimo Carminati, capo dell'organizzazione, Riccardo Brugia, braccio destro del «Guercio», Emilio Gammuto, Fabrizio Franco Testa, Roberto Lacopo, tutti detenuti per associazione per delinquere di stampo mafioso. Si tratta del primo gruppo, dei 39 arrestati, ad essersi rivolti al tribunale del Riesame.

Quest'ultimo spiega, nelle 87 pagine di motivazioni, il perchè debba essere condivisa l'aggravante mafiosa, considerata la natura della struttura guidata da Carminati e la diversità di questa rispetto ad altre organizzazioni mafiose: «Atti di violenza e di minaccia - si legge nel provvedimento - possono essere anche del tutto assenti nel caso in cui l'organizzazione criminale possa limitarsi a sfruttare la carica di pressione già conseguita dal sodalizio. È sufficiente quindi che l'associazione di avvalga della forza di intimidazione e goda cioè di quella che è stata efficacemente definita "fama criminale"».

Il salto di qualità durante ginmta Alemanno. Mafia Capitale è un'organizzazione che operava nella Capitale da anni nei settori criminale, economico e della pubblica amministrazione, che si espande in «seguito alla nomina di Alemanno quale sindaco di Roma».

È proprio durante la giunta di Alemanno che avviene il «salto di qualità» dell'organizzazione poiché, scrivono i giudici, «molti soggetti collegati a Carminati da una comune militanza politica nella destra sociale ed eversiva e anche, in alcuni casi, da rapporti di amicizia, avevano assunto importanti responsabilità di governo e amministrative nella capitale».

Sul fronte economico, aggiungono i giudici, il «Guercio» si «avvale della partecipazione criminale di quelli che sono stati definiti imprenditori collusi». Ma «è nel settore della pubblica amministrazione che l'organizzazione criminale si manifesta al proprio meglio. In questo campo l'organizzazione opera attraverso le cooperative che fanno capo a Salvatore Buzzi e che detengono una posizione assolutamente dominante negli appalti, in numerosi settori dell'attività del Comune di Roma e di altri minori enti pubblici territoriali, che ottengono attraverso l'opera di corruzione dei pubblici funzionari e/o attraverso la loro intimidazione».

Un clan monopolista ma mai denunciato. «È significativo evidenziare come, a fronte di una posizione sostanzialmente monopolistica dell'acquisizione degli appalti dei servizi del Comune di Roma da parte delle cooperative di Buzzi, nessuno (in sede politica o con denunce penali) abbia mai osato denunciare il sistema di chiaro stampo mafioso vigente». Lo scrivono i giudici del tribunale del Riesame nelle motivazioni con cui hanno respinto l'istanza di revoca dell'ordinanza di alcuni appartenenti alla cosìdetta Mafia Capitale, tra cui Massimo Carminati.

Nel provvedimento i magistrati scrivono che in tema di appalti «l'organizzazione agisce imponendo agli altri concorrenti le proprie condizioni attraverso accordi (certamente illegittimi e che integrano turbativa d'asta) che non avvengono su di un piano di parità ma attraverso la ratifica di scelte fatte dall'associazione criminale».

Il clan Carminati rispettato dalla 'ndrangheta. La 'ndrangheta riconosceva nella Mafia Capitale una «organizzazione della medesima dignità». È quanto scrivono i giudici del Riesame di Roma nelle motivazioni della decisione con cui hanno respinto le istanze di alcuni indagati. I giudici nel documento ricostruiscono i rapporti che il clan guidato da Massimo Carminati aveva intessuto con le altre grandi organizzazioni mafiose. «È di immediata evidenza che se una consolidata associazione di stampo mafioso, come la 'ndrangheta, decide di interagire con un'altra organizzazione per la gestione degli affari illeciti, vuol dire che riconosce a tale organizzazione la medesima dignità criminale che ritiene di possedere». E ancora: «vi è prova che Mafia Capitale ha avuto rapporti d'affari con l'organizzazione mafiosa calabrese e che le due compagini hanno interagito tra loro dimostrando rispetto reciproco».

A tal proposito i giudici citano i «rapporti del gruppo di Carminati con il clan dei fratelli Senese, con Ernesto Diotallevi, noto esponente della Banda della Magliana e tramite del sodalizio con la mafia siciliana di Pippo Calò, con il clan Casamonica, con l'organizzazione facente capo ai fratelli Esposito e con quel particolare ed inquietate - scrivono i giudici - personaggio che è Giovanni Di Carlo che intrattiene rapporti con i maggiori esponenti della criminalità organizzata romana».

Fulcro del sistema di tipo mafioso che operava nella Capitale, ma anche e soprattutto un personaggio pericoloso che incute paura e che «esercita la pressione di intimidazione in ragione della fama criminale propria e del gruppo». È il profilo di Massimo Carminati tratteggiato dal tribunale del Riesame di Roma. Un vero e proprio «Mito», come descritto dal collaboratore di giustizia Roberto Grilli, in nome del quale si sviluppa l'ascesa ed il salto di qualità l'organizzazione criminale.

«La personale storia criminale del personaggio Carminati - si legge nelle motivazioni del Riesame - ha certamente contribuito ad accrescerne la fama. La contiguità con la Banda della Magliana, l'appartenenza ai Nar, il coinvolgimento in processi di straordinaria importanza mediatica, quali quello sulla strage di Bologna, dell'omicidio Pecorelli e quello al furto al caveau della banca interna al palazzo di giustizia di Roma, sono circostanze che hanno reso Carminati personaggio criminale di estrema notorietà». Notorietà sfociata nella «nomea di intoccabile e di personaggio in grado di uscire indenne da ogni situazione in ragione di oscuri collegamenti con centri di potere ai massimi livelli».

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