Mafia Capitale, «Buzzi doveva restituire un milione a Carminati»

Mafia Capitale, «Buzzi doveva restituire un milione a Carminati»
di Adelaide Pierucci
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 1 Marzo 2017, 07:51 - Ultimo aggiornamento: 21:42
I cinquemila euro al mese da versare a Luca Odevaine, allora delegato al Tavolo nazionale per i migranti; i soldi a raffica a Franco Panzironi, ex ad di Ama. Ed ancora il 10 per cento che avrebbe chiesto per un appalto il presidente, da lui inteso come Andrea Tassone (Pd), a capo del X Municipio. Ma soprattutto il dettaglio, ghiotto per gli inquirenti, che al momento del suo arresto Massimo Carminati doveva intascare un milione di euro dal socio, da Salvatore Buzzi. Senza nessuna esitazione, il commercialista di fiducia dell'ex ras delle coop, Paolo Di Ninno, ha squadernato i conti del Mondo di mezzo davanti al giudici del processo Mafia Capitale. A cominciare proprio dalla beffa supplementare che la grande retata ha rappresentato per l'ex esponente dei Nar: «Il 2 dicembre 2014, ossia il giorno prima degli arresti», ha rivelato Di Ninno, «Carminati vantava nei confronti di Buzzi un credito da un milione di euro».

IL LIBRO NERO
Il commercialista da due anni in carcere con l'accusa di essere parte attiva dell'associazione mafiosa, ha proseguito aprendo il vero libro nero delle coop e ha elencato i beneficiari di quel fiume di soldi in entrata e in uscita dalle coop di Buzzi. «Di Odevaine Buzzi mi disse che lo pagava 5 mila euro al mese», ha raccontato. «Ed effettivamente il consorzio Eriches pagava 5 mila euro al mese per degli appartamenti di Odevaine». Un'altra conferma del metodo spregiudicato con cui Luca Odevaine, che secondo l'accusa era un vero infiltrato della criminalità comune nelle stanze dello governo, intascava tangenti. E che in un filone parallelo lo hanno già portato a patteggiare una condanna a due anni e 8 mesi di reclusione per corruzione, oltre alla restituzione del prezzo della corruzione, 250.000 euro.
«Panzironi, che annotavo nella contabilità occulta come Tanca, non l'ho mai conosciuto», ha aggiunto poi Di Ninno. «Ma Buzzi più volte mi ha detto che dava dei soldi a Panzironi. Una volta mi disse: gli dovevo dare 50, gliene abbiamo già dati 40», intendendo 40 mila euro. Fino alla rivelazione che ha messo in crisi in aula l'ex presidente del X municipio, Andrea Tassone, che ha sempre respinto le accuse. «Un giorno», ha detto il commercialista, «Buzzi mi comunicò che aveva incontrato il Presidente. Mi disse che gli aveva chiesto il 10 per cento sul valore di una gara. Io lo collegai a lui, a Tassone, anche se Buzzi mai mi disse che si trattava di lui».

IL MECCANISMO
Ed ancora: «Il primo agosto del 2014 come risulta pure da una intercettazione Buzzi mi disse che gli servivano duemila e cinque per la Cicciona», che secondo l'accusa sarebbe Clelio Logorelli di Eur Spa. «Mille e cinque per Coratti», Di Ninno chiama così in causa l'ex presidente pd del consiglio comunale. E aggiunge» che «uno» serviva anche per Figurelli, membro della segreteria di Coratti. Il commercialista ha spiegato pure il meccanismo con cui copriva i soldi da girare a Carminati. «Man mano che pagavano le fatture alla Unibar e alla Imeg diminuiva il credito a Carminati». Di Ninno lascia così intendere che le società (la Unibar di Giuseppe Ietto e la Imeg di Agostino Gaglianone) fossero gestite da teste di legno del Nero. La presidente del collegio, Rosanna Ianniello, in presenza dei pm Luca Tescaroli, ha chiesto spiegazione di quella operazione. «In maniera orale Carminati», ha chiarito Di Ninno, che è difeso da Alessandro Diddi, lo stesso avvocato di Buzzi «si era accreditato questo investimento fatto per il campo nomadi. Ma non c'è un pezzo di carta. Secondo lui aveva speso 640 mila. E quella somma doveva essere detratta»