Guidonia, abusò di undici bimbi: le lettere segrete del talent scout pedofilo alle sue vittime

Guidonia, abusò di undici bimbi: le lettere segrete del talent scout pedofilo alle sue vittime
di Adelaide Pierucci
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Lunedì 28 Maggio 2018, 08:08 - Ultimo aggiornamento: 08:11

Non si è mai pentito, nemmeno vergognato. Anzi, Giuseppe Rocchi, Joe Megafeste, il talent scout di Guidonia che cercava tra Roma e il suo hinterland volti nuovi di bimbi per poi abbindolarli e stuprarli, dall'indomani dell'arresto, nel luglio di due anni fa, si è trasformato in un grafomane: nelle lettere alle vittime e ai giudici ammetteva le sue perversioni. «Coi miei ragazzi solo amore. Nessuna pretesa», ha scritto, si è scoperto ora, in una sfilza di lettere spedite prima dal carcere di Rebibbia e poi da Cassino. Lettere scritte in tempi diversi. L'ultima è stata recapitata al palazzo di giustizia di Tivoli due giorni prima della condanna a venti anni di carcere col rito abbreviato. L'accusa: aver violentato per anni, anche per più di dieci, undici bambini.

Tra le vittime, un bimbo adescato a sei anni e tormentato fino ai diciotto, che ormai sopraffatto dagli attacchi di panico, ha fatto scoperchiare tutto questo orrore. È a lui che era andato il primo pensiero di Rocchi dopo l'arresto. Il giorno successivo dal carcere gli scrive: «Ti ho voluto bene», «ci siamo voluti bene». La lettera, fatta recapitare a casa del ragazzo, viene intercettata dalla sorella che la gira direttamente a Davide Sinibaldi, il poliziotto a capo del pool antiviolenza locale. Il secondo messaggio Joe Rocchi lo aveva inviato invece alla mamma di uno dei bambini abusati. Altra rivendicazione: «Nessuna violenza con lui, solo giochi». Nelle due lettere il pedofilo non si trattiene, anzi cita per nome e cognome sette bambini e adolescenti abusati reclamando l'infanzia rubata come intrecci ludici e d'amore.

LE FRASI
Un imputato sfrontato, definito, dal gip Alfredo Bonagura che l'ha condannato, «disumano e calcolatore». Che alla fine, sempre con carta e penna, si è rivolto direttamente ai magistrati per rivendicare la sua follia, frutto, secondo perizie, di deviazioni e non di disagio mentale. «Signor giudice», scrive Rocchi, «vi dirò io chi ha detto la verità e chi no», per poi ammettere, nonostante migliaia di filmati sequestrati con bimbi narcotizzati e violati, solo palpeggiamenti nelle parti intime «ma per gioco», «e per amore». Dal carcere finiscono sulla scrivania del procuratore capo Francesco Menditto cinque lettere. «Non era vero che ho minacciato un ragazzo di rivelare tutto su facebook per azzittirlo», ha scritto Joe Rocchi nelle terza missiva, «ero io a dirgli di non andare più a casa mia», la «Cupola», come la definiva con le vittime.
E ancora: «Si vede benissimo che è lui che si spoglia e gioca sul mio letto ...». Prove in più a suo carico. Da qui la condanna esemplare a venti anni. I danni alle vittime, assistiti dall'avvocato Geraldine Pagano, saranno stabiliti in sede civile. Rocchi dovrà pagarsi il mantenimento in carcere.
 

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