IL PRIMATO
Gli altri sei licenziati sono invece dipendenti accusati di frodi varie contro l'azienda, oltre alla sindacalista pasionaria che parlò in tv, non autorizzata, dei roghi sugli autobus, allontanata poche settimane fa. Ma la pattuglia più nutrita è quella degli assenteisti. All'incirca venti, già messi alla porta da inizio anno. Più di due al mese. E sembra essere solo l'inizio. Perché la municipalizzata sta trattando con l'Inps per rafforzare ispezioni e visite fiscali. Il presidente e ad di Atac, Paolo Simioni, sulle colonne del Messaggero, ad agosto parlò dell'assenteismo come dello «specchio dello scollamento che si è creato nel tempo tra l'azienda e i lavoratori e talvolta ha portato a un abuso delle tutele». Soprattutto per i congedi previsti dalla legge 104. All'Atac su 11.346 dipendenti in 2.888 hanno la licenza famigliare. Il 25% dei lavoratori, mentre nel settore privato la media è del 3,15%. Otto volte di meno.
CAMBIO DI ROTTA
In generale, c'è da aggredire un monte di assenze che non ha uguali nelle grandi società dei trasporti nel resto dello Stivale. A Roma oltre il 12% di autisti, macchinisti e impiegati sta a casa ogni giorno. All'Atm di Milano è la metà. Fino a qualche mese fa le cose andavano peggio. L'ultimo rapporto interno dell'azienda capitolina ha annotato un'inversione di rotta che fa ben sperare. Nel secondo trimestre di quest'anno, il tasso complessivo di assenze è più basso di 1,4 punti percentuali rispetto al primo trimestre, si passa dal 13,67 al 12,33 per cento. Una flessione così non si registrava da tempo. Certo i margini di miglioramento sono ancora ampi, come sanno bene al Tribunale fallimentare che segue da vicino la procedura del concordato e che ha chiesto di aumentare l'efficienza. Non solo combattendo gli assenteisti, ma anche rafforzando la produttività di chi va a lavoro. In estate è stato introdotto per la prima volta un bonus per gli operai dei depositi, un premio che può essere incassato solo se i bus macinano un certo numero di chilometri. Agganciato al merito, insomma, perché la presenza non basta.
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