ROMA L'ingegnere saudita che la notte dell'11 maggio 2022 ha percorso la scalinata di Trinità dei Monti, a Roma, a bordo della sua Maserati, ha provocato al monumento un danno da 50mila euro. Il processo a suo carico inizierà nel gennaio 2025 e il Campidoglio si è costituito parte civile, ma nel frattempo l'imputato non ha pagato nemmeno un centesimo e difficilmente lo farà in futuro.
LA SCRITTA
La stessa cosa vale per il turista russo che, anni fa, ha inciso una gigantesca lettera "k" - larga 17 centimetri e alta 25 - su uno dei muri del Colosseo: era stato condannato a 4 mesi di reclusione e 20mila euro di multa. Sorge spontanea una domanda: che fine fanno i vandali di monumenti?
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A Roma la multa prevista per un bagno rinfrescante in una fontana è da 450 euro e si tratta di una sanzione amministrativa. Mentre, con le nuove norme, per la deturpazione, come nel caso degli sfregi all'anfiteatro Flavio o alla Barcaccia - lo avevano fatto i tifosi olandesi del Feyenoord, nel febbraio 2015, quando avevano messo a ferro e fuoco piazza di Spagna provocando danni definiti «irreparabili» dalla Sovrintendenza - la multa può arrivare a 15mila euro e, almeno in teoria, il reato è punito con pene dai 2 ai 5 anni.
Quelle pagate spontaneamente, quindi senza il ricorso all'esecuzione forzata, sono circa l'1% del totale. Mentre quelle incassate forzatamente risultano solo il 3%. I motivi sono diversi: come ha sottolineato anche la Corte costituzionale, il procedimento di riscossione è sempre stato «farraginoso» e troppo complicato, visto che prevedeva «l'intervento, in successione, dell'ufficio del giudice dell'esecuzione, dell'agente della riscossione, del pubblico ministero e del magistrato di sorveglianza». Da questo punto di vista le cose sono cambiate con la riforma Cartabia: ora il mancato pagamento della multa o dell'ammenda entro il termine stabilito - generalmente 90 giorni, che scendono a 30 in caso di pagamento rateale - comporta la conversione della pena pecuniaria in semilibertà. In caso di mancanza di risorse economiche, il condannato deve svolgere lavoro di pubblica utilità. Se si oppone, dovrebbe finire ai domiciliari.
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