Lo sfregiatore si pente. Ma il mea culpa del turista che ha aggredito il Colosseo, incidendo con una chiave nel marmo il suo nome e quello della sua fidanzata, per dimostrare al mondo che “Ivan+Hayley 23” si amano, nella sua lettera di scuse alla Procura di Roma, al Sindaco e al Comune ha sfregiato di nuovo il buon senso e ha applicato il vandalismo anche alla propria intelligenza che palesemente non abbonda. Una missiva surreale quella firmata, dopo circa due settimane dalla bravata ai danni dell’Anfiteatro Flavio, da Ivan Danailov, trentunenne di origini bulgare residente in Inghilterra. «Consapevole della gravità del gesto commesso - scrive - desidero con queste righe rivolgere le mie più sentite e oneste scuse agli italiani e a tutto il mondo per il danno arrecato a un bene che, di fatto, è patrimonio dell’intera umanità». E cerca una carezza «in particolare» di Gualtieri e del Campidoglio per il pentimento di cui sopra. Loro sì che «con dedizione, cura, sacrificio custodiscono l’inestimabile valore storico e artistico del Colosseo». Mentre lui confessa e si autoassolve nel passo più esilarante di questa lettera che suscita il dubbio “ma ci fa o ci è” e fornisce contemporaneamente la risposta che è la seconda: «Ammetto con profondissimo imbarazzo che solo in seguito a quanto incresciosamente accaduto ho appreso dell’antichità del monumento». Può esistere al mondo uno che non sa che cos’è il Colosseo? Se esiste, questo è il Danailov e una grande Capitale, con tanti problemi che ha, deve pure fronteggiare un tipo così e altri turisti stranieri che, come lui, già in passato hanno sfregiato i monumenti romani (compreso il Colosseo), tornandosene poi a casa impuniti.
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L’ASSURDA MORALE
Il bizzarro mea culpa ma l’ignoranza non va colpevolizzata (il che non è vero se l’ignoranza diventa colposa come in questo caso) è l’assurda morale della lettera.
LA PENA
La pena per Danailov - che si strugge come in una commediola di fronte alla propria «inciviltà, superficialità e leggerezza» - si spera che sarà giustamente severa e assolutamente all’altezza dell’obbrobrio compiuto. Ma la pena che lui ha inflitto all’umanità - quella di renderla edotta fino a che punto può arrivare la stoltezza umana, sia negli atti sia negli scritti - è certamente ineguagliabile. E Roma che inventò il genio occidentale si trova a dover patire in maniera clamorosa l’idiozia contemporanea e per di più d’importazione. Un paradosso più tragico che ridicolo e che - per dirla con il finale della missiva di Danailov - davvero non ha «giustificazione alcuna». Ed è la riprova di quanto diceva Mino Maccari: «L’attività dell’idiota è molto più dannosa dell’ozio dell’intelligente».
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