Il Teatro di Roma cambia e diventa una fondazione

Il Teatro di Roma cambia e diventa una fondazione
di Katia Ippaso
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Giovedì 29 Dicembre 2022, 07:40

«Il Teatro di Roma-Teatro Nazionale diventa Fondazione». La comunicazione è arrivata ieri dagli uffici di via dei Barbieri. Si allineerebbe così, almeno formalmente, lo stabile capitolino ai più importanti teatri nazionali, che da Torino a Napoli sono da tempo fondazioni (e non associazioni). Ma che cosa significa esattamente che «il processo è stato completato»? Poco meno di un mese fa, parlando con l'avvocato Gianluca Sole, nominato commissario del Teatro di Roma il 13 novembre del 2021, avevamo appreso che il suo incarico era stato prorogato fino al mese di aprile del 2023. Che cosa è successo nel frattempo? Forse l'avvocato si era stancato di questo compito così delicato (che ha svolto peraltro con serietà e competenza)?

IL PERCORSO

«Completato il percorso amministrativo di approvazione in Giunta Capitolina e presso la Regione Lazio, l'Assemblea dei Soci dello Stabile nazionale ha deliberato l'atto di trasformazione dell'Associazione in Fondazione, con relativo adeguamento dello Statuto, al fine di rafforzare il ruolo cittadino e nazionale del Teatro» si legge nel comunicato stampa. «La trasformazione in Fondazione, costituita d'intesa con i soci Roma Capitale e Regione Lazio, nonché con il Ministero della Cultura, risponde alla esigenza di dotarsi di un modello gestionale più efficiente e di una struttura giuridica più funzionale, per garantire stabilità e crescita sul piano artistico e consolidare il ruolo centrale dell'Istituzione nell'ambito delle politiche culturali».

Tutto giusto. Ci si chiede soltanto perché si sia dovuto passare attraverso un periodo di crisi così profonda per arrivare a questa fase non ancora conclusiva. Ricordiamo infatti ai lettori che il Teatro Argentina, cioè il più importante teatro della capitale che dovrebbe rappresentare il punto di riferimento per le più significative compagnie italiane ed europee, ponendosi come modello di gestione e pensiero culturale, è acefalo da più di due anni, cioè da quando Giorgio Barberio Corsetti si dimise da direttore artistico per assumere l'incarico di consulente. Sono seguiti finti bandi, scioperi dei tecnici, disorientamento totale degli artisti.
Poi arriva l'avvocato Sole, professionista molto rispettato nell'ambiente, con il compito di rimettere in sesto la baracca offrendo qualche scialuppa a coloro che avevano già firmato dei contratti con il Teatro di Roma (infatti la stagione in corso è caratterizzata per lo più da ripescaggi).

Il suo lavoro però termina qui, quindi in anticipo rispetto al prolungamento annunciato del suo contratto.

LA GESTIONE

Gli subentra «nella gestione commissariale Giovanna Marinelli, a cui spetta il compito di completare il percorso di transizione dell'Ente fino all'insediamento degli organi statutari». Ne deduciamo che il processo non è del tutto compiuto. Altrimenti che bisogno ci sarebbe di un secondo commissario? Giovanna Marinelli è donna di indubbie capacità manageriali. È stata già direttrice del Teatro di Roma dal 2008 al 2010 e responsabile per diversi anni della politica teatrale a Roma (ha diretto il Dipartimento Cultura del Comune di Roma dal 2001 al 2008, assumendo poi il ruolo di Assessore alla Cultura dal 2014 al 2015). Sarà lei dunque a presentare al Ministero il programma annuale delle attività che va consegnato entro il 31 gennaio del 2023? Chi lo firma questo programma? Quando si formerà il nuovo cda che dovrà nominare il direttore artistico? Quanto altro tempo ci vorrà, insomma, perché il Teatro Argentina esca da quella che Giorgio Manganelli chiamava «la palude definitiva»?

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