Ore di terrore per un bengalese di 39 anni, titolare di un autolavaggio in zona Torre Maura. L’uomo è stato minacciato di morte, picchiato e sequestrato, mentre la banda chiedeva alla moglie un riscatto: diecimila euro subito per liberarlo. Un incubo finito solo grazie alla denuncia fatta dalla donna ai carabinieri di Centocelle e l’intervento di questi ultimi.
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Quattro le persone, tutti connazionali della vittima, arrestate per i reati di sequestro di persona a scopo di estorsione in concorso e lesioni personali, una delle quali, colui che aveva prestato il denaro al 39enne, è ora in carcere a Regina Coeli. Agli altri sono stati comminati i domiciliari.
L’SOS
Tutto inizia con una richiesta di aiuto arrivata al 112, il numero unico per le emergenze da parte della donna.
Gli accertamenti svolti dai carabinieri hanno permesso di localizzare i telefoni chiamanti nell’area di Torre Maura, dove è stata avviata una intensa attività di ricerca con l’ausilio di altri operatori, anche in borghese. Così nelle prime ore della mattinata di lunedì finalmente è stata individuata un’area recintata adibita a deposito di mezzi commerciali tra via Giglioli e via Calabresi dove, all’interno, sono stati rintracciati l’uomo e i quattro connazionali che lo tenevano in ostaggio. Drammatico il racconto della vittima, che non ha smesso di ringraziare i militari per averlo salvato. Il 39enne ha, infatti, spiegato che neanche una decina di giorni prima si era rivolto a un connazionale, proprietario di un minimarket del posto, per un prestito di quindicimila euro.
IL RACCONTO
«Mi servivano per tamponare dei debiti accumulati dall’autolavaggio - ha detto - ma sul momento non parlammo di come e quando restituirli. Per onorare il mio debito l’altro giorno ho chiamato il mio creditore chiedendogli di incontrarci da qualche parte per discuterne. Gli ho proposto di attendere un mese, un tempo congruo per racimolare la cifra ma per tutta risposta lui, che si è presentato all’appuntamento con altre tre persone, mi ha fatto immobilizzare cominciando a percuotermi. Poi mi ha strappato il telefono e ha chiamato mia moglie. Ho pensato di morire, perché sapevo già che era impossibile per noi trovare quei soldi». Il 39enne ha anche specificato che «non mi sono mai stati chiesti interessi o tassi usurari». Accompagnato all’ospedale Vannini per le prime cure se l’è cavata con una prognosi di 7 giorni per le contusioni riportate.
Quella dei sequestri lampo, stando agli inquirenti, è un tipo di “risoluzione” per le più svariate diatribe tra bengalesi, molto in voga all’interno della comunità straniera. Un modus operandi simile a quello utilizzato dalla criminalità comune e organizzata per dirimere, invece, debiti per droga o bottini di rapine non distribuiti. «Sequestri lampo sono stati denunciati anche solo per una semplice querelle di lavoro», spiega un inquirente di lungo corso.