Rieti, quando il querelante è condannato e il querelato assolto

Tribunale (Archivio)
di Emanuele Faraone
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Martedì 16 Febbraio 2021, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 23:00

RIETI - Quando è il querelato a essere assolto con formula piena (perché il fatto non sussiste) mentre l’incauto querelante soccombe in giudizio venendo - come previsto dalla legge - condannato anche al risarcimento del danno (5.000 euro) e al pagamento delle spese legali (2.500 euro). Questo il dispositivo della sentenza penale di condanna del giudice onorario del tribunale di Rieti, Massimiliano Auriemma nei confronti di una donna reatina, su una lunga vicenda giudiziaria iniziata nel 2014 con la denuncia-querela della stessa verso M.T., originario di Morro Reatino, al quale contestava una presunta appropriazione indebita di materiali di vario genere, in riferimento a un contratto di compravendita di beni per ristorazione cui seguì regolare corrispettività economica.

I passaggi
In seguito però tra i due vennero a crearsi una serie di contrasti, dai quali prese il via un lungo braccio di ferro tra venditore e acquirente fino alla decisione finale di M.T. di restituire i locali, senza però che si giungesse a una pronuncia di risoluzione del contratto relativo alla precedente vendita delle attrezzature. Ma è a questo punto che la donna contesta all’acquirente l’appropriazione illegittima di alcuni materiali. In fase dibattimentale la difesa dell’accusato (avvocato Mauro Giovannelli del foro di Rieti) ha sostenuto la tesi della strumentalità di quella querela sporta al solo fine di poter aggirare la normativa civilistica prevista per questa fattispecie di contenzioso, dimostrando il tentativo di attuare un’ingiusta tutela di un preteso diritto tanto che - all’esito dell’istruttoria - pure la Procura chiedeva l’assoluzione dell’imputato.

Le motivazioni
Questo in considerazione anche del fatto che, nel controesame condotto dal penalista Giovannelli, la donna aveva fornito una versione diversa da quella sottoscritta nella querela, asserendo di non aver personalmente visto M.T.

appropriarsi e portare via i beni oggetto della denuncia, facendo inoltre emergere chiaramente il palesamento di un contratto di compravendita non risolto. In sostanza una querela giuridicamente “imprudente” e colposamente proposta con una errata valutazione della colpevolezza del querelato risultato così deliberatamente danneggiato. La donna dunque avrebbe agito attraverso un’arbitraria e temeraria denuncia, dando inoltre per scontata la risoluzione del contratto, circostanza questa che legittimava, di fatto, la traslazione della proprietà all’acquirente e la conseguente costituzione di un diritto legittimo.

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