Annunziata non demorde: “Ma allora è stato un atto d’amore anche verso il segretario?”. “Segretario chi?”, all’istituto Treccani si diffondono varie risate, anche perché la battuta ricorda tanto quella che Renzi aveva usato verso Fassina (Fassina chi?), ma poi Cuperlo rassicura che nessun passaggio “non è stato dettato da fattori personali, né aspetti legati alla permalosità”, semmai un modo per fare presente al sindaco di Firenze che il pluralismo resta un fattore di crescita, che essere diversi, ascoltare altre voci, significa anche crescere assieme e “solo così ce la faremo”.
In fondo “non ci si dimette per una battuta”, dato che c’era la “necessità di segnalare che la scommessa di Renzi deve evolvere, perché così come è stata presentata non va bene”. Visto che non ci può essere solo un tecnicismo alla base, un programma di partito, uno schema quasi burocratico. Servono gli ideali. Dove sono finiti? “Un partito è la sua cultura, la sua identità, la funzione che esercita nel passaggio della storia”.
Le bacchettate a Renzi non mancano nemmeno dallo storico Vacca: “purtroppo non sa bene la differenza tra dirigere e comandare. Sicchè non può che essere un segretario di partito fragile”. Al tavolo dei relatori anche Pierluigi Castagnetti e il sociologo Cassano.
© RIPRODUZIONE RISERVATA