Controcanto/ Ma la maternità non ha mai fermato ministre o manager

di Maria Latella
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Martedì 15 Marzo 2016, 01:01
[CAPOL6R-1CR]La Meloni deve fare la mamma». Così, con tono paternamente ultimativo il candidato sindaco di Roma per il centrodestra, Guido Bertolaso, a "In onda" su la7. Bertolaso ha maturato, come si scrive nei cv, significative esperienze all'estero. Di recente è stato anche in Africa. Eppure neanche laggiù gli è capitato di constatare che, alle falde del Kilimingiaro come altrove, sono le donne - quasi sempre mamme - a mandare avanti la comunità. Perciò, delle due l'una. O Bertolaso è cosi romanocentrico da non essersi accorto che nel resto del mondo si sta facendo di tutto per consentire alle donne di gestire famiglia e responsabilità importanti. Oppure si è convinto che perfino il pretesto della gravidanza potesse andar bene per sgambettare la concorrenza di Giorgia Meloni. A occhio, propenderei per questa seconda ipotesi. Ma c'è un ma. Bertolaso non avrebbe potuto aggiungere la frase che sto per citarvi, se non fosse stata proprio Giorgia Meloni a consentirglielo. Vediamo come. Dopo aver paternamente consigliato alla competitor di «gestirsi la pagina della vita», il nominato dalle gazebarie ha infatti aggiunto: «Non vedo perché qualcuno dovebbe costringerla a fare una campagna feroce. E, mentre allatta, ad occuparsi di buche, di sporcizia...».

 

L’OSTACOLO<QA0> Affettuoso, no? Epperò era stata proprio Giorgia Meloni, in un'intervista al Corriere della Sera, a inoculare il dubbio: «Una gravidanza non deve essere vissuta come un ostacolo, mai. Ma una campagna elettorale che si concluderebbe al settimo mese per un mandato che impegna anima e corpo mentre nasce il tuo primo figlio, ti porta a pensare che non sia la strada giusta». Così parlava Giorgia il 4 febbraio scorso, ed è normale che esprimesse tutte le titubanze di una giovane mamma alla prima esperienza. Le sperimentano tutte, le titubanze, figuriamoci una politica alla quale si prospetta l'eventualità di governare la capitale più malmessa d'Europa. Però se tu, cara Giorgia, per prima ammetti che «impegnarsi anima e corpo» per il mandato di sindaco non è «la strada giusta» da imboccare mentre si aspetta il primo figlio, devi mettere in conto che Bertolaso ci proverà. Poteva non farlo. Se fosse stato a conoscenza del fatto che Shinzo Abe e Vittorio Colao sostengono esattamente il contrario magari non avrebbe detto quel che ha detto. Purtroppo, invece, nulla sapeva di HeForShe e degli uomini che sostengono la carriera delle donne, incinte o meno. In Italia, tra uomini di potere, si parla d'altro. Però, appunto, mai sottovalutare che in politica tutto sarà usato contro di te. Anche le cose più belle e, francamente, oggi considerate un plus.

Fare politica e aspettare un bambino è ormai, infatti, un conclamato vantaggio e i maschi premier lo sanno cosi bene che a ogni formazione di governo una futura mamma non manca mai. Cominciò Silvio Berlusconi, il maestro del genere fiction e politica: nominò ministra Stefania Prestigiacomo mentre mancavano solo un paio di mesi alla nascita del suo primo figlio. Lei ripagò la fiducia non assentandosi mai dal ministero. Fu la prima a introdurre un piccolo asilo nido. La novità fu poi esportata in Spagna. Il premier socialista Zapatero, a corto di fondi e forse consapevole della crisi che stava per abbattersi sul suo Paese, lastricò i suoi anni al governo di riforme sui diritti, astutamente a costo zero. Però fu grazie a Zapatero che, per la prima volta nella storia, una ministra al settimo mese di gravidanza, Carme Chacon, si ritrovò a passare le truppe spagnole di stanza in Afghanistan. Dalla Marianna Madia anche lei nominata ministra davvero solo un mese prima che nascesse la piccola Margherita a Rachida Dati che invece ministra era già quando decise di diventare madre single, lo stupore per le mamme in politica dovrebbe ormai appartenere al passato. Semmai, ripeto, l'essere mamma è un vantaggio, come ben argomentò la vicesindaca di Milano Francesca Balzani, professionista di fama, quando candidandosi contro Sala alle primarie, qualcuno obiettò: «Ma ha tre bambini, come farà?». Una che deve militarmente gestire l'organizzazione familiare non si spaventa quasi davanti a nulla.

LA STORIA<QA0> La prova? La storia l'ha raccontata la ministra della Difesa Roberta Pinotti nel mio libro "Il potere delle donne". «Ero segretaria del partito, allora Pds, a Genova, e mi proposero di candidarmi alle politiche.
Nel frattempo, mi accorsi di aspettare il secondo figlio. D'accordo con mio marito, decisi di accettare e di correre». Quel che non aveva messo in conto era, appunto, la questione politica. Un paio di maschi rivali, organizzarono una bella assemblea con tutte le donne del partito. E lì per Roberta Pinotti si aprì il processo: «Ma come, aspetti un bambino e vuoi pure fare la campagna elettorale? Eh no carina, tutto non si può avere». Non avevano capito che, ancor prima di Obama, alla Pinotti piaceva il "yes we can". «Ho girato col camper fino all'ultimo giorni. Caviglioni enormi e un po' di mal di schiena, ma tutto si può fare. Erano i volontari, vecchi compagni che guidavano a turno il camper elettorale, ad aver paura che partorissi tra un comizio e l'altro. Si è votato il 13 maggio, la notte l'ho passata ad aspettare lo spoglio. Quella dopo, il 14, sono cominciate le doglie. Il 15, all'una e 30 del mattino, è nata Marta».Yes we can. O come diciamo a Roma: se 'po ffa.
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