Genova, tensione Di Maio-Conte: «Sul ponte ascolta troppo i tecnici di Palazzo Chigi»

Genova, tensione Di Maio-Conte: Sul ponte ascolta troppo i tecnici di Palazzo Chigi»
di Alberto Gentili
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Lunedì 17 Settembre 2018, 08:48 - Ultimo aggiornamento: 20:03

Aria tesa a palazzo Chigi. Nelle ultime ore tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte c'è stata qualche scintilla. Il leader 5stelle ha fatto filtrare di essere irritato con il premier, in quanto giovedì avrebbe voluto approvare il decreto sul ponte di Genova senza far visionare a nessuno il testo del provvedimento. E questo perché Conte avrebbe avuto fretta: non voleva andare a mani vuote il giorno dopo alla cerimonia organizzata nel capoluogo ligure per ricordare le vittime. Insomma, il premier avrebbe agito con «troppa autonomia». E avrebbe deciso «tutto da solo», ascoltando solo i tecnici della presidenza del Consiglio.

Nella versione diffusa dai 5stelle anche Matteo Salvini sarebbe irritato. Ma l'entourage del vicepremier leghista smentisce. E come prova viene portata la nota ufficiosa diffusa sabato sera, nella quale Salvini aveva confermato «totale fiducia nei confronti di Conte, anche sulle scelte del governo a proposito di Genova». Linea ribadita ieri pomeriggio dal capo leghista: «È tre mesi che cercano di dividerci e di farci litigare, ma non litighiamo né sui ponti né sulle poltrone. Governeremo per 5 anni».

PARTITA INTERNA
Insomma, la questione sarebbe tutta interna al Movimento, dove più di un esponente si interroga su ciò che sta realmente accadendo tra Di Maio e il premier indicato dai 5Stelle. C'è chi ipotizza che la mossa del capo pentastellato serva per prendere la distanze dalla questione Genova: più tempo passa più il nodo della ricostruzione del ponte crollato il 14 agosto rischia di trasformarsi in un gigantesco boomerang. Qualcun altro invece sostiene che scaricare la responsabilità su Conte di un decreto ancora praticamente vuoto, sia un modo per allontanare i riflettori (e le critiche) da Danilo Toninelli. Il ministro delle Infrastrutture che, gaffe dopo gaffe, è finito nel frullatore diventando oggetto di una grandinata di richieste di dimissioni. Come dire: Di Maio salva Toninelli che fa parte della cerchia ristretta e sacrifica l'aggregato Conte. Ma tra i grillini c'è chi, pur ammettendo qualche frizione, accredita una versione buonista: «La cosa è stata fatta filtrare per far emergere la figura di Conte e dimostrare che non è vero che è solo un prestanome, ma sa decidere e agire in autonomia».

LE CERTEZZE
Di certo c'è che la teoria del tutto da solo non regge. Perché lo stesso Toninelli, sempre sabato sera, ha fatto sapere che «c'è sempre stata massima condivisione con il premier in merito al testo del decreto su Genova». E perché più di un ministro è pronto a giurare che al provvedimento, oltre al responsabile delle Infrastrutture, hanno contribuito proprio Di Maio, più il governatore ligure Giovanni Toti e il sindaco di Genova Marco Bucci che domani saranno ricevuti a palazzo Chigi per limare altri dettagli del decreto e per discutere del commissario.

Ed è altrettanto certo, in base a ciò che si afferma nel Movimento, che «Di Maio non intende assolutamente scaricare Conte»: «E' come tra moglie e marito, a volte si litiga ma nessuno vuole mandare via nessuno», dice una fonte di alto rango dei 5stelle. E aggiunge: «Luigi ha semplicemente voluto spiegare a Conte che se agisce senza concordare le mosse non si va lontano, serve collegialità».

Ma c'è di più. C'è che Di Maio mal sopporta - e questa sarebbe la ragione di fondo dello contro - il fatto che Conte si affidi ciecamente a quelli che chiama «burocrati». Traduzione: i tecnici del Dipartimento affari legislativi di palazzo Chigi. Funzionari che il premier, esperto di diritto, ascolterebbe a giudizio del capo pentastellato con eccessiva solerzia. Un'accusa che Di Maio a settimane alterne muove anche al ministro dell'Economia Giovanni Tria, colpevole di affidarsi troppo alla struttura del Mef sospettata di mettere i bastoni tra le ruote del governo giallo-verde. Un sospetto ora esteso ai tecnici della presidenza con Consiglio: cosa non da poco visto che Di Maio, oltre che ministro del Lavoro e dello Sviluppo, è vicepremier e ha un ufficio a palazzo Chigi.

 

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