Formigoni sotto accusa, il pm: parte di un gruppo criminale, ridicola la tesi dei regali

Formigoni sotto accusa, il pm: parte di un gruppo criminale, ridicola la tesi dei regali
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Mercoledì 6 Aprile 2016, 11:22 - Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 19:34
Roberto Formigoni da presidente della Regione Lombardia faceva parte «di un gruppo criminale» che ha organizzato «una sistematica corruzione di cui lui ha beneficiato». Lo ha spiegato il pm di Milano, Laura Pedio, all'inizio della requisitoria del processo sul caso Maugeri che vede imputato l'ex governatore lombardo e altre nove persone, tra cui il faccendiere Pierangelo Daccò e l'ex assessore lombardo Antonio Simone.

Il pm ha spiegato che dalle indagini e dal dibattimento è emersa «la certezza che il corrotto è Formigoni» e ha parlato del «denaro delle tangenti pagate dalla Maugeri per corromperlo». Per il pm «è ridicolo pensare che si sia trattato di regalie tra amici e solo Formigoni nel suo flusso di coscienza dibattimentale ha potuto dire questo e che lui ricambiava con qualche cena, è quasi offensivo». Il pm all'inizio della requisitoria ha ricostruito i tre flussi finanziari (dalla Maugeri e dal San Raffaele verso Daccò e Simone; dagli ultimi due verso Formigoni; dalla Regione verso la Maugeri).

Secondo la ricostruzione del pm, dalla fondazione Maugeri tra il '97 e il 2001 sarebbero usciti circa 61 milioni di euro verso conti e società di Daccò e Simone e tra il 2005 e il 2006 dal San Raffaele sarebbero usciti circa nove milioni di euro in buste di contanti verso Daccò, «vere e proprie mazzette». Per nascondere questo sistema corruttivo con cui Formigoni sarebbe stato corrotto con un flusso «calcolato al minimo in otto milioni di euro», tra vacanze, l'uso di yacht, lo sconto sull'acquisto di una villa in Sardegna e finanziamenti per la campagna elettorale del 2010, Daccò e Simone, attraverso fiduciari, avrebbero messo in piedi una struttura «sofisticata».

Struttura fatta di «oltre 50 veicoli societari, tutte scatole vuote create» in molti paesi offshore, da Panama alla Nuova Zelanda, da Dubai alle Antille olandesi. In più, ha aggiunto il pm, «in questa girandola vorticosa abbiamo individuato 88 conti correnti con l'unico scopo di alzare una nebbia fitta per nascondere il sistema». Secondo il pm, per le prove acquisite nelle indagini e nel dibattimento «questo è un processo facilissimo, perchè i flussi finanziari ci raccontano le relazioni tra le persone». 

L'ex direttore amministrativo della Fondazione Maugeri
«si è comprato il presidente Formigoni perché Daccò gli ha venduto il presidente, la più alta carica della Regione che poteva dargli gli atti e i finanziamenti di cui aveva bisogno», ha affermato Laura Pedio nel corso della requisitoria.
Il pm ha espresso il suo
«fastidio per quella frase che riecheggia come un disco rotto 'Daccò è amico del presidente'». Il magistrato ha aggiunto: «ed è per questo che è stato ricevuto dal Dg della sanità per 270 volte e ha fatto lui stesso una legge? Basta con questa frase, basta con i giochi di parole, sono stanca, diamo un contenuto a questa amicizia».

Il contenuto, secondo il pm,
«è che Daccò era il collettore della tangenti per Formigoni». L'ex governatore sta assistendo alla requisitoria in aula spesso scuotendo la testa e ha spiegato ai cronisti che non rilascerà dichiarazioni. Quello che ha descritto il pm Pedio «è un sistema che ha coinvolto le più alte cariche della regione, che hanno messo a disposizione la loro funzione per una corruzione sistematica nella quale tutta la filiera di comando della Regione è stata piegata per favorire gli enti amici del presidente Formigoni che poi lo pagavano».

Secondo il pm «le tangenti pagate dalla Maugeri erano state fissate in percentuale rispetto agli stanziamenti poi riconosciuti dalla Regione soprattutto per le funzioni non tariffabili, con una percentuale prima del 25 per cento poi del 12,5 per cento, poi di una somma di 6 milioni all' anno pur di avere in cambio 40 milioni ogni anno in più rispetto ai rimborsi dovuti». Per il pm gli ex vertici della Maugeri, Costantino Passerino e Umberto Maugeri, «sapevano benissimo che stavano pagando Formigoni», così come gli ex vertici del San Raffaele «Don Verzè e Mario Cal sapevano che pagavano il presidente». Sempre secondo l'accusa «l'intensità dei rapporti tra gli associati» nella militanza comune in Comunione e Liberazione «è fondamentale per la nascita del vincolo corruttivo, perchè era al meeting di Rimini e anche negli incontri spirituali che si parlava di lavoro e di affari, non era necessario andare in Regione».
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