Francia, il carcere di Villepinte consegna le chiavi ai detenuti

Francia, il carcere di Villepinte consegna le chiavi ai detenuti
di Giulia Prosperetti
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Lunedì 24 Ottobre 2016, 20:54 - Ultimo aggiornamento: 26 Ottobre, 17:49
Si trova a Villepinte, nel distretto Seine Saint Denis, a nord-est di Parigi e fino a un mese fa era noto soprattutto per essere il carcere che ospita i “peggiori detenuti di Francia”. 

Dietro le sue sbarre è stato incarcerato anche Amedy Coulibaly, il terrorista che, all’indomani dell’attentato alla redazione di Charlie Hebdo, ha ucciso una poliziotta e ha tenuto in ostaggio 19 persone nel supermercato ebraico di Parigi chiedendo in cambio la liberazione dei responsabili della strage, i suoi amici Said e Chérif Kouachi. 

Un luogo infernale che con una capienza di 587 posti conta 1082 detenuti, un’età media inferiore ai trent’anni e che vede a stretto contatto imputati in attesa di giudizio e criminali alla loro quinta condanna.

Da circa un mese il carcere di Villepinte ha attuato un progetto a dir poco audace. Si chiama “Respecto” ed è stato fortemente voluto dalla responsabile della struttura Léa Poplin. Pur non nascondendo qualche timore – come ha poi rivelato Poplin a Le Point – il 26 settembre scorso i guardiani della prigione hanno aperto 90 celle dell’edificio e consegnato le chiavi ai 184 occupanti.

Respecto si basa su un contratto che offre dei vantaggi ai detenuti (celle aperte durante il giorno, libero accesso alle docce e ai campi sportivi la sera ecc.) in cambio  di obblighi (buona condotta, sveglia alle 7.30, partecipazione a dei corsi di educazione civica, economia domestica ecc.) e il suo obiettivo è la diminuzione del tasso di violenza e inciviltà che dilaga negli istituti penitenziari. I modelli di riferimento sono la prigione di Mont de Marsan, nel sud della Francia e i progetti realizzati in Spagna. 

Per il momento il progetto è ristretto a una piccola parte dei detenuti che hanno accettato il “contratto” ma, dopo neanche un mese dall’attuazione, le richieste da parte di detenuti che vogliono partecipare sono aumentate enormemente. In tre settimane la lista d’attesa è passata da 20 a più di 100 nominativi. La responsabile ha spiegato che per prendere parte a “Respecto”, dal quale sono esclusi i sorvegliati speciali i detenuti per terrorismo, i candidati devono aver avuto una condotta irreprensibile nei due mesi precedenti. Un meccanismo che ha innescato una condotta virtuosa anche tra i detenuti della altre sezioni del carcere che attualmente non partecipano al progetto ma che, vedendo gli altri, vogliono fare domanda per prenderne parte. 

«Quando ho detto che volevo realizzare questo progetto a Villepinte mi hanno preso per una pazza e una kamikaze» ha detto Léa Poplin in un’intervista a Le Point.

Attualmente, tuttavia, Poplin può ritenersi soddisfatta. Nell’area Respecto del carcere, i muri sono colorati e i detenuti con la chiave della propria cella al collo conversano tra loro nei corridoi, fanno sport all’aperto o seguono dei corsi. Il tasso di violenza si è abbassato e i rapporti con i sorveglianti sono migliorati. Il personale addetto alla sicurezza ha già rinominato l’area della struttura dove è in atto Respecto “il paradiso”. Nell’inferno, invece, i detenuti guardano dalla finestra i loro “colleghi” più meritevoli che girano indisturbati per la struttura. 

Perché il progetto funzioni, tuttavia, Léa Poplin ha annunciato una “tolleranza zero” verso chi non rispetta le regole. Già durante la prima settimana del progetto nove detenuti sono stati esclusi per detenzione di oggetti illegali e inciviltà. 

«Lo scopo è quello di preparare i detenuti alla vita fuori dal carcere», afferma Marie-Rolande Martins, direttrice del servizio penitenziario di inserimento di Seine-Saint Denis. «Questi giovani devono imparare a riempire le loro vite con qualcosa di diverso dalla delinquenza. Ma anche a saper dire dei no». Il riferimento della direttrice è alla radicalizzazione, un problema molto sentito in Francia che rappresenta, a volte, l'unica strada fuori dal carcere per molti detenuti di religione islamica.