Parigi, le ragazze dell'attacco al bistrot: «Siamo miracolate, gli si è inceppato il kalashnikov»

Parigi, le ragazze dell'attacco al bistrot: «Siamo miracolate, gli si è inceppato il kalashnikov»
di Francesca Pierantozzi
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Sabato 21 Novembre 2015, 15:25 - Ultimo aggiornamento: 14:35

PARIGI E' l'occhio fisso della videocamera a vedere tutto, a registrare ogni singolo maledetto secondo. C'è Dimitri, il padrone, al banco che chiacchiera con Jasmine, la cameriera, la sala è quasi vuota - d'altra parte se lo aspettavano, c'è Francia-Germania. Una coppia sta al tavolo proprio accanto all'ingresso della pizzeria, tre ragazze sono sedute fuori, le conoscono, vengono spesso in pizzeria, magari soltanto per bere qualcosa. Dimitri si volta, dice qualcosa sorridendo a Jasmine, e poi è l'inferno. L'inferno della seconda sparatoria di venerdì 13 novembre, quella in rue de la Fontaine au Roi, davanti al bistrot della Bonne Bière e alla pizzeria di Dimitri, Casa Nostra. La Seat nera con a bordo Salah Abdesalm, suo fratello Brahim e probabilmente un terzo uomo, ancora in fuga e senza nome, ha già ucciso al Petit Cambodge e al Carillon. E' successo a qualche centinaio di metri, ma loro, a Casa Nostra non hanno sentito le raffiche di Kalashnikov, non sano niente.

I minuti di terrore, tra le 21 e 32 e le 21 e 34 sono stati registrati dalle due camere di sorveglianza della pizzeria.

Ieri il “Daily Mail” ha pubblicato il video sul suo sito. Ancora più terribile perché senza audio. Due minuti di silenzio e spari e morte e paura. Tutti sono a terra, Dimitri riesce a scappare giù, al magazzino, un altro cliente corre sopra, alla sala al primo piano. Jasmine resta per qualche istante dietro al bancone con una cliente ferita, poi riesce a scappare sotto anche lei.

IL MITRA INCEPPATO

Non c'è nessuno a vedere quello che succede allora, solo la videocamera. Si vede uno dei terroristi col kalashnikov in mano - per molti nessun dubbio, si tratta di Salah Abdesalm - che si avvicina alla vetrina della pizzeria, ai tavoli di fuori. Alza il braccio prende la mira, punta il mitra verso il basso, là sotto, dove non si vede niente, ma noi sappiamo, perché le abbiamo viste all'inizio gettarsi per terra, che ci sono due ragazze.

Una ha i capelli lunghi, una giacca di cuoio, l'altra un cappotto largo. Sappiamo che sono stese lì per terra col fucile puntato. Vediamo il braccio del terrorista sussultare, come se ha provato a tirare, lo vediamo provare una seconda volta. Non sappiamo se ha sparato, perché nel video tutto è silenzio. Poi se ne va, scompare, quasi con calma, dal campo, e a quel punto le due ragazze si alzano, prima una, che tiene ancora la borsa a tracolla, poi l'altra. E corrono via. «Aveva finito le munizioni» dirà Jasmine.

IL RACCONTO

In quel momento il filmato s'interrompe. Sono le parole di Jasmine a raccontare, al posto delle immagini, quello che è accaduto. Le ragazze fuggite via «non si sono accorte di niente», racconta, «erano in terra, a faccia in giù». Non hanno visto il kalashnikov puntato. Jasmine le ricorda sorridenti, una sigaretta in mano, un minuto prima dell'orrore, quando era stata a prendere gli ordini: «Mi hanno chiesto se lavoravo lì da tanto tempo. Ho risposto che era soltanto un mese. Mi hanno sorriso, mi hanno chiesto se il boss era troppo duro, ho risposto di no, mi sono messa a ridere, ho lasciato le tre ragazze a bere e sono tornata dentro». Poi è stata la fine «non so quanto è durato, mi sembrava interminabile, dietro al banco ho visto arrivare di corsa una delle tre clienti che erano fuori, è ferita, ha un buco nel braccio, piange. Aspettiamo che finiscano gli spari e corriamo a rifugiarci in magazzino».

Nessuno morirà dentro al locale. Le due donne sedute accanto all'ingresso si salveranno grazie al menù: a Casa Nostra è protetto da una fodera in grossa plastica, uno dei proiettili ci scivola sopra. Quando Jasmine uscirà per strada, vedrà i corpi martoriati delle vittime. Accanto alla porta della pizzeria, un uomo steso per terra. La raffica lo ha preso alle spalle. Portava un violino, ma lo strumento non è riuscito a proteggerlo. «Era solo un musicista» dice.