Siria, il tragico destino di Sabra ridotta a schiava del sesso: muore tentando la fuga

Siria, il tragico destino di Sabra ridotta a schiava del sesso: muore tentando la fuga
di Federica Macagnone
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Giovedì 31 Dicembre 2015, 13:25 - Ultimo aggiornamento: 2 Gennaio, 10:26
Sognavano una vita a cinque stelle Sabra Kesinovic, 17 anni, e Sabina Selimovic, 15, le due adolescenti bosniache morte in Siria dopo essere fuggite dall'Austria per unirsi ai jihadisti dello Stato Islamico. Belle, coraggiose e radicalizzate a tal punto da credere alle promesse che erano state fatte loro durante i lunghi mesi di indottrinamento: ma quello che hanno trovato a Raqqa è stato solo orrore e paura. Adesso, a distanza di mesi dalla conferma della loro morte, emergono ulteriori dettagli agghiaccianti sulla sorte di Sabra, uccisa perché voleva tornare a casa dopo mesi d'inferno in mano agli uomini dell'Isis.

Secondo una donna tunisina che ha vissuto nella stessa casa della ragazza, Sabra sarebbe stata costretta a soddisfare i desideri sessuali di diversi jihadisti: era diventata una delle tante schiave del sesso, probabilmente “valutata” dagli uomini del Califfato come una perla rara per il suo viso d'angelo e i suoi occhi di un azzurro profondo. Mesi d'inferno durante i quali, secondo la testimonianza della donna con la quale condivideva le sue sofferenze, sarebbe stata donata come “regalo” all'arrivo di nuovi combattenti che giungevano a Raqqa per rimpolpare le fila dello Stato Islamico. Un orrore senza fine al quale Sabra aveva deciso di mettere un punto tentando di fuggire dalla Capitale dello Stato Islamico in Siria. Ma non ce l'ha fatta: è stata picchiata a morte perché aveva deciso di tornare a essere un'adolescente normale, non voleva più vivere in quell'incubo costante. Ma non ha nemmeno fatto in tempo a lasciare la città: è stata uccisa brutalmente da quegli uomini per i quali aveva lasciato la sua famiglia. A confermare la morte di Sabra, secondo il Krone Zeitung, ci sarebbe stata proprio la donna tunisina, riuscitasi a salvare, al contrario della ragazza, fermata e massacrata di botte. Sorte diversa era toccata, invece, a Sabina che non era sopravvissuta a un combattimento: era morta sotto le armi l'anno scorso, pochi mesi dopo l'arrivo in Siria.

La radicalizzazione e la fuga. Entrambe figlie di famiglie di immigrati provenienti dalla Bosnia, Sabina e Sabra avevano acquistato un biglietto per Ankara, in Turchia, poi avevano attraversato il confine siriano per affiliarsi ai terroristi. Le due avevano maturato l'idea dopo aver frequentato una moschea a Vienna e aver incontrato il predicatore islamico bosniaco Mirsad O., conosciuto anche con il nome Abu Tejda, sospettato di aver radicalizzato le ragazze: l'uomo ha negato ogni coinvolgimento, ma le autorità austriache lo hanno arrestato l'anno scorso con l'accusa di far parte di una rete che finanziava il terrorismo.

Fondamentali, inoltre, nel processo di radicalizzazione delle due, sarebbero stati internet e i contatti con alcuni giovani ceceni prima di partire. «Non cercateci. Serviremo Allah e moriremo per lui» avevano scritto in un biglietto lasciato alle famiglie. Dopo, il silenzio. Per qualche tempo, di loro non si è saputo più nulla fino a quando non hanno iniziato a postare foto sui social network vestite con i burqa e a fianco di uomini armati, diventando in poco tempo un simbolo per i jihadisti.

Pochi i contatti con le famiglie durante i mesi passati a fianco dei miliziani: Sabra aveva telefonato alla sorella dicendole di stare bene, ma pochi mesi dopo aveva scritto una lettera in cui si diceva stanca di assistere ogni giorno a violenze. Sabina, contattata da Paris Match, aveva smentito la sua gravidanza e aveva mostrato tutta la sua felicità per essere a fianco dei terroristi: «Qui posso davvero essere libera. Posso praticare la mia religione. Non ho potuto farlo a Vienna». Poco tempo dopo, David Scharia, esperto del comitato antiterrorismo del Consiglio di sicurezza dell'Onu, avrebbe dato notizia della sua morte: «Abbiamo appena ricevuto informazioni su due adolescenti austriache, di origine bosniache, che avevano lasciato l'Austria: entrambe reclutate dallo Stato islamico, una è stata uccisa in combattimento, l'altra è sparita». Adesso, dietro quella scomparsa che assume i contorni di un omicidio, c'è l'ennesimo orrore targato Isis.

 
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