L’Isis in difficoltà cercherà di colpire ancora l’Occidente

di Alessandro Orsini
4 Minuti di Lettura
Sabato 19 Marzo 2016, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 00:29
L’Isis arretra e l’Occidente avanza. Questa è la dinamica che si è innescata dopo la strage di Parigi del 13 novembre 2015. Da allora a oggi, l’Isis ha perso grandi risorse economiche e ampie porzioni di territorio, tra cui due città simbolo in Iraq. La prima è Sinjar, riconquistata nello stesso giorno della strage di Parigi dai soldati iraqeni e dagli aerei americani. La seconda è Ramadi, liberata il 22 dicembre 2015, dopo intensi combattimenti. Tre settimane prima della strage di Parigi, l’Isis aveva perso anche Baiji, sede di una raffineria di petrolio. Anziché assaltare, Obama preferisce dissanguare.

La sua strategia produce risultati lenti, ma ininterrotti, e gli effetti si vedono. Il 19 gennaio 2016, l’Isis annunciava il taglio degli stipendi del 50% e l’introduzione del pane calmierato nella capitale del Califfato, Raqqa. Oltre a subire gli assalti sfiancanti dei combattenti curdi, sostenuti, massicciamente, dai paesi occidentali, Italia compresa, l’Isis è stato duramente colpito dall’entrata in scena della Turchia che, il 23 luglio 2015, firmava un accordo anti-Isis con gli Stati Uniti.
 
IL RUOLO DI ANKARA
Grazie a Erdogan, i bombardamenti aerei della Casa Bianca diventavano più efficaci, frequenti ed economici, considerato anche il risparmio di carburante per i caccia americani che, anziché decollare da lontano, decollavano da vicino. L’intervento di Erdogan, giunto un anno dopo la proclamazione dello Stato Islamico, era tardivo, ma decisivo. La Turchia bombardava, consentiva di bombardare e, in più, iniziava a controllare, severamente, le zone di confine, in cui si concentrava il passaggio dei foreign fighters verso i domini dell’Isis in Siria.

LA LOGICA
La Turchia ha avuto successo? Gli attentati dell’Isis avvengono in base a una logica rigorosa, che ho riassunto nella formula: «Colpiamo coloro che ci colpiscono». I paesi che danneggiano maggiormente l’Isis sono i paesi maggiormente danneggiati dall’Isis, e la Turchia è tra questi. Dunque, avanziamo, ma, nella mente del cittadino comune, avanzare o arretrare contro i terroristi è questione di attimi. Agli occhi dei telespettatori, i successi occidentali possono essere cancellati, in un secondo, da una strage nel centro di Parigi. Ecco perché al Baghdadi ha la massima urgenza di realizzare una nuova strage nel cuore dell’Europa e, stando a ciò che è scritto in un report di Europol, l’ufficio di polizia dell’Unione Europea, pubblicato il 18 gennaio 2016, è quasi certo che ci riuscirà.

LE DIFFERENZE
Ma vi è differenza tra la psicologia dell’uomo comune e la realtà dei fatti, basata sull’osservazione empirica. Milioni di menti terrorizzate davanti al teleschermo non potranno mai cancellare il fatto che l’Isis arretra, anziché avanzare, e che, dal 13 novembre 2015 a oggi, ha perso più di quanto abbia guadagnato. Questa non è una rappresentazione mentale che scaturisce dal panico. È un fatto oggettivo. Vi è, inoltre, un’altra dinamica politica che, sul lungo periodo, gioca in favore delle forze occidentali. Per ogni nuovo attentato dell’Isis nelle città occidentali, i governi aumentano la spesa nel campo dell’anti-terrorismo. Il che significa che l’Isis colpisce le città occidentali, perché è più debole di prima, ma, anziché indebolirle, le rende più forti, perché le costringe ad aumentare la spesa per le forze dell’anti-terrorismo, che diventano sempre più esperte, come dimostra l’arresto di Salah Abdeslam, uno dei jihadisti di Parigi.

LA STRATEGIA
Detto più semplicemente, le città occidentali indeboliscono l’apparato terroristico dell’Isis mentre l’Isis rafforza l’apparato anti-terroristico delle città occidentali, come dimostra la decisione di Matteo Renzi, annunciata il giorno dopo la strage di Parigi, di destinare un miliardo di euro alla lotta contro il terrorismo, intesa sia in termini culturali, sia in termini di contrasto frontale, affidato ai servizi di intelligence. Avremo altri attentati nelle città occidentali. Quando ciò accadrà, dovremo avere la freddezza di comprendere che le organizzazioni jihadiste, impegnate a costruire il Califfato in casa propria, colpiscono all’estero quando sono costrette ad arretrare sul proprio territorio. A differenza di ciò che si crede, la loro priorità è costruire, non distruggere. Delle due l’una: o i terroristi jihadisti sono liberi di costruire la propria società oppure vengono a distruggere la nostra. In questo caso, la loro logica di ragionamento si riassume nella formula: «Arretramento in casa, avanzamento all’estero». Questo è ciò che ho trovato, studiando gli attentati terroristici di al Shabaab in Somalia, di Boko Haram in Nigeria e dell’Isis. Ecco perché saremo colpiti di nuovo. Ecco perché stiamo vincendo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA