Sistemi di sicurezza unificati, il decreto restato nel cassetto

di Umberto Mancini
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Giovedì 14 Luglio 2016, 08:25
ROMA Bloccato in Conferenza Stato-Regioni. Sospeso tra veti incrociati, lungaggini burocratiche e le nebbie della politica. Il decreto legislativo che poteva evitare la tragedia ferroviaria in Puglia è fermo al palo da mesi. Messo a punto dal ministero dei trasporti nel 2015, avrebbe dovuto essere approvato entro gennaio. Nel testo l'indicazione chiara di estendere il modello Rfi, quello che prevede il blocco automatico dei treni in caso di anomalie, anche alla rete delle linee in concessione, mettendo fine così al vecchio sistema, gli avvisi via telefono, i controlli affidati solo agli uomini, all'origine, pare ormai chiaro, del disastro. Ma il provvedimento (Dlgs 112 del 2015) che avrebbe affidato tutte le ferrovie regionali ai controlli dell'Agenzia Nazionale della sicurezza ferroviaria (Ansf), unificando gli standard a livello nazionale e puntando tutto sulla tecnologia, non ha solo implicazioni legate alle tutele dei passeggeri. Per certi versi è anche scomodo perché, va sottolineato, avrebbe costretto gli enti locali, le Regioni che danno le linee in concessione ai privati, a fare cospicui investimenti in tecnologia. Smantellando sistemi di sicurezza in vigore dai primi del 900, ovvero il via libera della stazione al telefono, che hanno mostrato drammaticamente tutti i propri limiti. Non è chiaro perché la Conferenza Stato-Regioni non abbia varato il decreto, ma è certo che la tragedia, come accade sempre in queste occasioni, adesso accelererà l'iter. Del resto proprio il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, che ieri ha attivato un commissione d'inchiesta, già nei mesi scorsi aveva sollecitato un rapido via libera.

Molte Regioni, spiegano al ministero, hanno invece fatto melina, allungando i tempi. Che il problema dell'adeguamento dei controlli fosse urgente era stato sottolineato dai sindacati già nel 2009, quando fu istituita la Ansf. Il testo costitutivo dell'Agenzia nazionale sulla sicerzza - fa notare Pietro Serbassi di Fast-Confsal - prevedeva l'omogeneizzazione dei sistemi di sicurezza sui più avanzati standard internazionali di tutta la rete ferroviaria e non solo dei 16.000 chilometri gestiti da Rfi, gli unici attualmente soggetti al controllo della stessa Authority». Il sindacalista attacca: «il fatto che le ferrovie in concessione siano sotto il controllo dell'Ustif (ufficio preposto della motorizzazione civile) rende evidente che si è preferito mantenere lo status quo».
Insomma, è il ragionamento, non è più accettabile che si permetta che accanto a linee altamente tecnologiche, quelle delle Ferrovie dello Stato, sopravvivano infrastrutture che affidano il distanziamento dei treni a sistemi in voga nel secolo scorso.

TEMPI RAPIDI
Il ministro Delrio ha promesso di cambiare subito rotta, affidando all'Agenzia tutti i poteri sulla rete e annunciando 1,8 miliardi di investimenti per le linee regionali. «Da anni - ha detto in Parlamento - sono in corso azioni di ammodernamento per le linee a binario unico, ma bisogna ricordare che il raddoppio del binario garantisce maggiore capacità, ma non maggiore sicurezza». Sotto accusa, quindi, non c'è il binario unico, ma il sistema di sicurezza regolato con il meccanismo del consenso telefonico che «è considerato maggiormente a rischio perché affidato interamente all'uomo». «Per accertare la dinamica - ha concluso - abbiamo nominato una commissione di inchiesta che accerterà cause, dinamiche e responsabilità nella». Per adeguare la rete locale ci vorranno tempo e molti soldi. Il direttore dell'Agenzia nazionale per la Sicurezza, Amedeo Gargiulo, è categorico: una grande opera di ammodernamento e di sistemi tecnologicamente evoluti non si fa in due giorni. Sulla rete nazionale dove ci sono treni più veloci ci sono voluti 10 anni e 4,5 miliardi di euro. Un lavoro terminato lo scorso anno. Si deve arrivare a fare lo stesso anche sulle reti private».