Arrestato l'ex direttore del parmigiano Reggiano assieme ad altri 10 per corruzione al ministero

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Venerdì 14 Febbraio 2014, 19:35 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 16:22
Torna agli arresti domiciliari l'imprenditore ferrarese Riccardo Deserti, cui lo scorso 4 gennaio era stata annullata l'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari relativa all'inchiesta della procura di Roma su casi di corruzione nell'assegnazione di appalti al ministero delle Politiche agricole nel cui ambito sono state arrestate 11 persone. A quanto appreso, i nuovi arresti domiciliari non riguardano il filone di indagine principale ma l'ipotesi che l'imprenditore, nel corso di una visita al ministero delle Politiche agricole - successiva alla sua scarcerazione, compresa temporalmente tra gennaio e febbraio - abbia portato via dei documenti dallo stesso ministero. Quello che viene contestato a Deserti - già direttore del Consorzio del Parmigiano Reggiano - è di avere portato via dal ministero delle Politiche agricole alcuni documenti, nel corso di una visita avvenuta tra gennaio e febbraio, dopo l'annullamento dell'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari dello scorso 4 gennaio. Una contestazione in cui potrebbe essere ipotizzato il furto aggravato, diversa dalla vicenda principale ma collegata al filone di indagine che ha visto arrestate 11 persone nell'inchiesta della Procura di Roma su casi di corruzione nell'assegnazione di appalti al Ministero delle Politiche agricole, tra cui quelli relativi a iniziative nelle scuole italiane e europee.



Sempre a quanto si è appreso, i documenti potrebbero essere rimasti in mezzo alle tante carte dell'imprenditore ferrarese ai tempi del suo servizio, in passato, al Ministero. «Siamo fortemente fiduciosi di dimostrare estraneità all'ipotesi di furto - osserva il legale di Deserti, Gianluigi Pieraccini - e siamo fortemente fiduciosi di chiarire tutto nel corso dell'interrogatorio di garanzia» che si dovrebbe tenere a Roma, la prossima settimana.



«Se il Parmigiano Reggiano è il prodotto italiano più falsificato nel mondo, il motivo forse va cercato all'interno dello stesso Consorzio di tutela che più che difendere la tipicità del formaggio alfiere del made in Italy sulle tavole mondiali, sta invece dando forti spallate alla sua trasparenza». Lo affermano le Coldiretti di Parma, Reggio Emilia e Modena dopo il nuovo arresto del direttore del Consorzio del Parmigiano Reggiano, Riccardo Deserti, «che la dirigenza del Consorzio ha passato sotto silenzio». Coldiretti ha deciso di porre domande per il futuro del Consorzio: «Cosa sta succedendo nel consorzio? Perchè vengono portate alla dirigenza persone non trasparenti? Quando verranno tagliati i ponti con i nebbiosi arcipelaghi di produttori di similgrana concorrenti del Parmigiano, ma presenti nella governance del Consorzio?».



«I vertici del Consorzio, massimi esponenti delle centrali cooperative (ad esempio: il presidente Giuseppe Alai è presidente della Confcooperative di Reggio Emilia) dovrebbero avere - sottolinea Coldiretti - il dovere morale di assicurare la massima trasparenza a tutela del buon nome del prodotto e delle centinaia di imprenditori che con il loro lavoro assicurano la qualità del vero Parmigiano Reggiano». «In tutta la vicenda - conclude Coldiretti - non bisogna dimenticare che solo nell'ultimo anno le importazioni di formaggi similgrana dall'Ungheria hanno raggiunto ben 2,7 milioni di kg, pari al 10% del totale delle importazioni, e che proprio in Ungheria opera la Magyar, industria casearia di proprietà di una società italiana, a sua volta partecipata da Itaca Società Cooperativa, il cui presidente è stato fino all'inizio dell'anno scorso proprio Giuseppe Alai, presidente del Consorzio Parmigiano che si è dimesso dopo la denuncia di Coldiretti.
In questa situazione, appare infine assordante anche il silenzio degli organismi che dovrebbero controllare i consorzi di tutela che sembra non abbiano niente da ridire su un direttore che viene arrestato per la seconda volta».