Retata a Ostia/ Primo tempo della risalita

di Paolo Graldi
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Venerdì 26 Gennaio 2018, 00:21 - Ultimo aggiornamento: 00:29
Con un filo d’enfasi le voci della politica hanno salutato il blitz antimafia di Ostia come «giornata storica».

Considerando poi in coro che «Roma rinasce grazie alle forze dell’ordine» e così via elogiando. 
Non c’è dubbio, i 32 arresti nell’operazione “Eclisse” di ieri all’alba nel quartiere vista mare della Capitale assestano un colpo durissimo ad una rete criminale (non l’unica, ma certo la più forte dopo la demolizione per via giudiziaria del clan dei Fasciani) che ha soggiogato «con metodi mafiosi», appunto, un intero territorio attraverso una impressionante catena di reati, dall’estorsione, alla usura, allo spaccio di stupefacenti fino all’omicidio.
 
Un clan in perfetto stile familistico (sono quasi tutti di origine sinti) che è prosperata sbaragliando antagonisti e avversari e che oggi, deve fronteggiare un’accusa di mafia, quella del 41 bis, mai contesta finora. 
Ci sono tutti, dentro, il rastrellamento di polizia e carabinieri: dal capo famiglia operativo (il capostipite è già in carcere) Carmine detto “Romoletto” a quel Roberto, rinchiuso a Tolmezzo, massima sicurezza, gestore di palestre e traffici di droga, divenuto famoso per la testata in pieno viso sferrata a un cronista della Rai, Daniele Piervincenzi, in risposta a una domanda, divenuta emblematica, virale.

Addirittura la goccia che ha fatto scattare una imponente accelerazione di indagini di anni, ma forse lente, di routine. Quel gesto d’arroganza mafiosa, la reazione della gente dell’immenso quartiere, le analisi giornalistiche sulle scorribande di capi e gregari, un esercito criminale che agiva praticamente indisturbato hanno acceso i riflettori su una realtà insopportabile. 

La ragnatela delle sale gioco, centri d’ogni genere di traffici, è stata colpita. Gli occhi elettronici, una selva, piazzati dagli Spada per vigilare sulle mosse delle forze dell’ordine sono stati smantellati, resi ciechi, a dimostrazione che quell’arroganza di possesso del territorio andava spezzata senza altri indugi. Intercettazioni ambientali e telefoniche forniscono materiale di prova sui metodi usati. 

E così, si rileva dalla lettura dell’ordinanza di custodia cautelare, numerosi testimoni di giustizia hanno offerto, anche qui per la prima volta, uno spaccato di dettagli allucinanti sul potere intimidatorio del clan. Un clan che si è fatto largo tra attentati delle famiglie rivali, protagoniste di una guerra infinita per il predominio sui business illegali: Carmine è scampato a tre agguati omicidi, ma non li ha denunciati. “Romoletto”, “Maciste”, “Il nego”, “Zobba”, “Macistino”, soprannomi e nomignoli che riecheggiano il vezzo malavitoso che ritroviamo nei protagonisti della banda della Magliana, alla quale molte delle gesta possono in qualche modo ricondursi. 
Prima tra tutto il controllo del territorio con la violenza e la intimidazione, un controllo asfissiante che ha portato Ostia a una condizione di degrado diffuso e umiliante, il mare sequestrato e controllato a vista, un muro di cinta per chilometri, invalicabile per i cittadini, gli stabilimenti (certo non tutti) imprigionati nella morsa delle leggi del più forte, in una condizione di illegalità diffusa e sopportata in mancanza di riscossa sociale e istituzionale. 
E’ un quartiere di gente perbene, lavoratori, tenuti loro malgrado in una maglia vischiosa e paralizzante. Ostia, il suo mare, la sua economia emarginata, le sue potenzialità di riscatto, meritano un impegno straordinario, massiccio, pieno di progetti di sviluppo turistico e imprenditoriale. 

Un piano di largo respiro al quale la politica, non priva di responsabilità e di numerose omissioni per il passato, deve contribuire con la forza della determinazione. 

Il ripristino della legalità, strada ancora lunga e accidentata, è condizione indispensabile ma non unica. Il governo della città in prima linea deve trovare con urgenza le idee e le risorse per collegare Ostia al centro della Capitale, anche sul piano dei trasporti, della viabilità, dei collegamenti. 

Deve ricevere ciò che le spetta per poter uscire da un lungo e doloroso isolamento, ciò che ha consentito ad alcune bande criminali di farne una piccola Medellin. 
All’azione di sradicamento dei clan, avviata con precisione chirurgica, deve seguire con immediatezza un’attività culturale diffusa, da fondare e rifondare, là dove persino le palestre erano appannaggio esclusivo degli Spada, vanno riportate attività legali, create biblioteche, centri ricreativi. E’ una scommessa importante e tuttavia ineludibile: la classe politica nel suo insieme ha il compito di scendere in campo attraverso una progettualità economica a largo raggio. 

Il muro che divide Ostia dalla Capitale deve cadere, nel senso più ampio del termine. Gli abitanti del quartiere che è grande come una città sono pronti. E chi ne ha il governo pure?
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