Genova, non tiene la diga anti-greggio: «Ma l'emergenza ormai è superata»

Genova, non tiene la diga anti-greggio: «Ma l'emergenza ormai è superata»
di Eloisa Moretti Clementi
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Domenica 24 Aprile 2016, 13:21
GENOVA - Una settimana fa, l'allarme era stato chiaro: l'impatto ambientale del petrolio fuoriuscito nel torrente, dopo la rottura della condotta che dal porto di Genova lo trasportava nella raffineria, sarebbe dipeso in gran parte dal meteo. Così, drammaticamente, è stato: è bastato un lieve ingrossamento del fiume (24 centimetri), provocato dall'annunciata pioggia caduta in mattinata, per parlare di emergenza idrocarburi nel mar Ligure. Le panne oceaniche posizionate per le operazioni di contenimento, che in profondità custodiscono il canale, non hanno potuto frenare la deriva del flusso nero. Alle nove di ieri, uno degli argini di contenimento del greggio, posizionati subito dopo l'incidente, cede: dal Polcevera, dove domenica scorsa si era riversato il pesante petrolio nigeriano, il greggio si avvicina al mare.

Nel frattempo un'estesa chiazza oleosa a macchia di leopardo, in un raggio di circa 28 chilometri, collocata tra Genova e Savona viene trascinata dalla corrente verso la Francia. Si interviene per evitare, o contenere, il disastro ambientale: stato di emergenza dichiarato dalle autorità locali e intervento di due navi specializzate in arrivo da Civitavecchia e Livorno. Gli argini vengono ripristinati e in serata la situazione è definita da tecnici e istituzioni «delicata ma sotto controllo». Le immagini dei cormorani anneriti al greggio evocano altri drammi ambientali e fanno paura. Il petrolio giunto in mare ammonta al dieci per cento delle 500 tonnellate di greggio sversate nei corsi d'acqua dopo la rottura dell'oleodotto della società Iplom, collocato nell'entroterra genovese.

IL MINISTRO
Il ministro dei Infrastrutture Graziano Del Rio scrive su Twitter: «Si sta lavorando per ripristinare le barriere e si sta costituendo un presidio di protezione in mare». È la Capitaneria di porto di Genova a coordinare gli interventi, con navi antinquinamento e rimorchiatori oltre ai mezzi inviati dal ministero dell'Ambiente. L'ammiraglio Giovanni Pettorino prova a contenere anche gli allarmismi: «La situazione in mare è nettamente migliorata, permangono lunghe e strette strisce discontinue di iridescenza al largo nel Ponente ligure ma il fenomeno risulta in fase di ridimensionamento». Un danno ambientale serio ma «non enorme come quello dovuto all'affondamento della petroliera Haven nel 1991 o al petrolio dell'Agip Abruzzo portato da Livorno sulle coste liguri sempre lo stesso anno - spiega Roberto Danovaro, docente di biologia marina dell'Università Politecnica delle Marche - L'importante per la fauna marina è che non si usino additivi e solventi chimici che si sono spesso dimostrati un rimedio peggiore del male».

I RESIDENTI
Intanto, ieri i residenti del quartiere attraversato dall'oleodotto hanno contestato il sindaco Marco Doria chiedendo la chiusura dell'impianto, che da anni provoca miasmi e disagi. Con l'estate alle porte, e gli stabilimenti balneari già pronti ad inaugurare la stagione, le ricadute turistiche preoccupano il governatore ligure Giovanni Toti: «Non voglio minimizzare i danni, ma possiamo dire che il fenomeno è sotto controllo. Non facciamo allarmismi perché le chiazze in mare sono mantenute dalle correnti a largo e non dovrebbero avere impatti significativi sulle spiagge». Ma l'accaduto non manca di suscitare polemiche politiche: i Verdi presentano un esposto sulla mancata applicazione della direttiva Seveso da parte della Regione Liguria, mentre l'assessore ligure e vice segretario federale della Lega Nord Edoardo Rixi, attacca il governo: «Se questa è la sicurezza nel trattare petrolio e fonti fossili che millanta Renzi siamo messi davvero male. Il governo, oltre alla chiacchiere, metta anche mano al portafogli».
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