Di Stefano il caso delle tangenti in Svizzera: spuntano i conti “condivisi”

Di Stefano il caso delle tangenti in Svizzera: spuntano i conti “condivisi”
di Sara Menafra
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Sabato 22 Novembre 2014, 08:06 - Ultimo aggiornamento: 23 Novembre, 17:45
Non tutte le tessere del mosaico costruito dal parlamentare pd Marco Di Stefano sono andate al loro posto.



Ed è per questo motivo che la procura di Roma ha inviato in Svizzera una nuova rogatoria. Per capire, prima di tutto, chi altri potesse operare sui conti di Ginevra che l’allora assessore al Demanio della Regione Lazio avrebbe riempito con una parte della tangente intascata nel 2009 grazie all’affare Lazio Service, per un valore complessivo di 1 milione e 800mila euro.



Dalla prima rogatoria è emerso che quei conti non erano intestati direttamente a lui ma a soggetti terzi e che Di Stefano aveva semplicemente la delega ad operare. Dunque, il sospetto degli inquirenti è che anche altri potessero utilizzare gli stessi conti per far transitare finanziamenti poco limpidi, tanto più che, come spiegherebbero alcune intercettazioni telefoniche, il braccio destro di Di Stefano improvvisamente sparito cinque anni fa, Alfredo Guagnanelli, era coinvolto in diversi affari poco chiari. Nessuna risposta, invece, alle richieste dei pm romani da parte di Montecarlo, dove la procura aveva inviato una prima rogatoria per fare luce sui conti riconducibli a Guagnelli.



LA NUOVA ACCUSA

La prossima settimana i pm Maria Cristina Palaia e Corrado Fasanelli, insieme al Nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza, hanno intenzione di interrogare tutti gli indagati di questo filone di indagine nato come costola dell’inchiesta Enpam. Oltre a Di Stefano saranno sicuramente ascoltati gli imprenditori Antonio e Daniele Pulcini e i vertici della Lazio Service che parteciparono all’affare. Per il parlamentare ed ex assessore a Demanio e Patrimonio, intanto, è spuntata una nuova accusa per falso, oltre che per corruzione.



Come spiega l’informativa del 2012, Di Stefano si adoperava «nel promuovere ed autorizzare, al solo fine di soddisfare gli interessi economici degli imprenditori Pulcini Antonio e Daniele, la ricerca di una nuova sede di Lazio Service». E ancora «nel fare in modo che venisse documentata la necessità e l’urgenza, contrariamente al vero, di locare altro immobile ad un canone pari ad euro 3.725.000 esorbitante e fuori mercato da altra società riconducibile agli imprenditori Pulcini Antonio e Daniele».



Nel complesso gli indagati sono in tutto una decina e dovranno rispondere a vario titolo di abuso d’ufficio, corruzione e truffa.



LE REPLICHE

Ieri, Di Stefano ha replicato alle accuse con una nota: «Rimango allibito da quanto riportato da alcuni quotidiani in merito a miei presunti viaggi a Ginevra: è una città in cui non sono mai stato nella mia vita. Ribadisco inoltre la mia totale estraneità a festini hard, così come il mio non aver nulla a che fare con tangenti o altro che possa riferirsi a palazzi in affitto o all'Enpam». Anche la sua ex moglie, Gilda Renzi, ha rettificato alcune ricostruzioni dedicate alla sua audizione la scorsa settimana in procura: «Quello che sta uscendo in questi giorni invade la privacy ed è puro gossip. Non corrisponde a verità quanto alcuni mi hanno attribuito».
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