Caso Ruby, il capo della Procura di Milano sulla sentenza di Cassazione: «No comment»

Caso Ruby, il capo della Procura di Milano sulla sentenza di Cassazione: «No comment»
di Claudia Guasco
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Mercoledì 11 Marzo 2015, 16:48 - Ultimo aggiornamento: 16:50
MILANo - "Non ho commentato la sentenza di primo grado, non ho commentato quella d'Appello, non lo farò certo con il verdetto della Cassazione".

Per Edmondo Bruti Liberati, capo della Procura di Milano, il caso Ruby si chiude qui. Nessuna riflessione sull'assoluzione di Silvio Berlusconi, nè analisi su una vicenda che dal 2010 ha determinato contraccolpi politici e aperto dissidi all'interno della stessa Procura. Il giorno dopo la decisione della Cassazione, tra i magistrati milanesi i commenti ufficiali sono neutri e distaccati, più che analizzare il passato, tornare indietro ai due anni d'inchiesta e ai tre di processo, si guarda al futuro. All'inchesta Ruby ter nella quale l'ex Cavaliere è indagato per corruzione in atti giudiziari.



I pm Tiziana Siciliano e Luca Gaglio stanno chiudendo il cerchio attorno ai presunti pagamenti dei testimoni delle feste di Arcore da parte di Silvio Berlusconi e dalle indagini starebbero emergendo novità importanti.



LAP DANCE AD ARCORE

Ma intanto Berlusconi incassa l'assoluzione nel processo Ruby, con gran soddisfazione dei suoi legali. "Era ora, me lo aspettavo, nonostante l'incognita rappresentata dal nome dell'imputato...", dice Piero Longo, secondo cui "la sentenza d'Appello era assolutamente inattaccabile in materia di legittimità". Longo ripercorre la sua esperienza e gli anni di lavoro che hanno portato all'esito del verdetto di ieri: "È stato un processo estremamente impegnativo, anche per i modi e i toni con i quali la Procura ha gestito la vicenda e per come si è svolto il giudizio di primo grado. Sono soddisfatto". L'assoluzione è il frutto anche del patto del Nazareno? "Assolutamente no, neanche per sogno", tagli corto l'avvocato. Semmai, spiega, "è frutto di due elementi. Il primo: la prepotente inconsistenza dell'apparato accusatorio. Secondo: l'impegno lungo e faticoso della difesa di Berlusconi". Dal 2012 il processo ha tenuto banco con il suo intreccio di cronaca, politica e gossip. Per la prima volta in un aula giudiziaria si è parlato di bunga bunga, travestimenti e lap dance, di ragazze seminude e provocanti "che si offrivano per l'esclusivo piacere del presidente del Consiglio". Il quale, per due processi (Ruby e Ruby bis), non si è discostato di un millimetro dalle versione iniziale: "Erano solo cene eleganti". E le accuse del procuratore aggiunto Ilda Boccassini? "Teoremi, illazioni, forzature, falsità ispirate dal pregiudizio e dall'odio, tutto contro l'evidenza, al di là dell'immaginabile e del ridicolo", replicava l'ex premier.



LA "RIVINCITA" DI FEDE

Se per Berlusconi la sentenza della Cassazione ha conseguenze immediate, c'è anche chi ne beneficia di riflesso.
E' Emilio Fede, condannato in Appello a 4 anni e 10 mesi di carcere per il reato di favoreggiamento della prostituzione alle feste di villa San Martino. "L'accusa peggiore che mi pesava e che mi ha fatto finire sulle prime pagine dei giornali era quella di aver indotto una minorenne a prostituirsi - afferma - Ora si è scoperto e acclarato che non è così: Ruby non l'ho invitata io ad Arcore e non sapevo nemmeno che avesse meno di 18 anni. E questo è stato riconosciuto anche dal verdetto di ieri". Non mischia i due processi invece Lele Mora, ex impresario dei vip condannato in secondo grado a 6 anni e 1 mese nel processo Ruby bis. "Io sono sempre moralmente vicino al presidente, anche se non più fisicamente - commenta Mora - Il mio procedimento, invece, è un'altra storia e io sto scontando la mia pena e pagando per le mie cose e lo faccio serenamente".
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