È quanto afferma Gherardo Colombo, storico componente del pool di Milano, comprensibilmente provato dall’accaduto. Peccato che questa tesi ardita non tenga in alcuna considerazione l’uccisione dell’avvocato e dell’imprenditore abbattuti insieme al giudice Ciampi. E peccato anche che distolga l’attenzione dal fatto che la sicurezza interna del tribunale è di competenza del procuratore generale, cioè di un magistrato.
Nel frattempo, su Facebook è comparsa la pagina «Claudio Giardiello vittima dello Stato» nella quale si sostiene che il pluriomicida sarebbe in realtà la preda (incolpevole?) di uno Stato «che ti strozza e ti tagliuzza con tasse assurde portandoti via tutto e cercando di rinchiuderti in una gabbia». Sulla pagina si leggono molti commenti indignati per l’iniziativa, ma anche centinaia di entusiastiche adesioni. Contemporaneamente altri acuti osservatori sono impegnati, su internet e talvolta in televisione, a spiegare che la radice del problema sta nel «clima di insicurezza generale», nelle «derive del neoliberismo» o perfino nella «caduta del principio di autorità».
Tutto pur di non parlare del fatto in sé, nella sua tragica semplicità.
Tutto pur di trasformarlo nell’ennesimo capitolo di un’interminabile guerra di trincea ideologica. È il fascino del benaltrismo: uno dei pochi -ismi sopravvissuti al crollo delle illusioni del Novecento. Un pensiero debole ma inclusivo, che combina il piacere dell’indignazione con l’ebbrezza dell’irresponsabilità. E permette di lasciare sempre le cose esattamente come stanno.