Governo, l'ipotesi di azzerare i vice: resta il nodo Di Maio che rischia anche la Difesa

Governo, l'ipotesi di azzerare i vice: resta il nodo Di Maio che rischia anche la Difesa
di Marco Conti
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Giovedì 29 Agosto 2019, 07:55 - Ultimo aggiornamento: 16:28


ROMA Lo stato maggiore grillino resiste. Vuole Di Maio vicepremier e con un ministero di peso, ma la battaglia del leader grillino comincia a farsi talmente disperata che non sono esclusi colpi di scena. Per ora resta forte la possibilità che alla fine nè il Pd ottenga un vice unico, ma anche Di Maio resti al palo e che alla fine potrebbe restare al ministero dello Sviluppo Economico rinunciando quindi anche al ministero della Difesa resterebbe la Trenta che non fa arricciare il naso ai partner atlantici che fanno la spola tra la sede Nato di Bruxelles e Washington.

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LA CARTINA
Resta il fatto che aver abbandonato lo schema del premier-arbitro colloca Conte nella squadra grillina e questo, oltre a turbare Di Maio, ha ricadute non da poco anche nella composizione della squadra di governo. Il nodo resta irrisolto per i continui veti tra partiti e potrebbe rappresentare la prima cartina di tornasole per misurare il grado di autonomia di Conte dai due partner. L'intervento del fondatore del M5S, favorevole ad un passo indietro di Di Maio, non sono state gradite, ma con l'intervento di ieri sera Beppe Grillo dimostra di avere una qualche diretta interlocuzione con i Dem ma, suggerendo la strada dei ministri tecnici, colpisce molto più la pattuglia grillina che quella del Nazareno, sempre pronta a sfornare professori di area.
Dopo quattordici mesi di gilet gialli, attacchi a Bruxelles e litigate con i governi delle più importanti capitali europee, Conte avverte la comprensibile necessità - sentita anche da Sergio Mattarella - di dare rassicurazioni alla comunità internazionale sulla collocazione geopolitica dell'Italia e della volontà di rispettare gli impegni assunti in decenni di politica estera. E' per questo che Conte intende dare un segnale forte su Esteri, Economia e Difesa. Un ex presidente del Consiglio come Paolo Gentiloni alla Farnesina, rappresenta una garanzia. Così come un ministro dell'Economia pescato tra i tecnici con una provata esperienza internazionale.
Delicata anche la scelta del nuovi inquilino del Viminale che il Pd considera in quota, ma che può rappresentare una rogna non da poco vista l'attenzione che sicuramente Salvini dedicherà al suo successore. Qualora i grillini dovessero insistere su in ritorno di Alfonso Bonafede alla Giustizia, potrebbe spianarsi la strada ad un altro ex come Marco Minniti.

I tempi sono stretti, visto che il Quirinale vorrebbe che Conte chiudesse il cerchio entro i primi giorni della settimana prossima in modo da permettere al Parlamento di votare rapidamente la fiducia. Qualora non dovessero esserci vicepremier, il Pd vorrebbe il posto da sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Ben piazzato è Andrea Orlando, che da ministro della Giustizia ebbe modo di avere rapporti con l'allora avvocato Conte, ma Conte potrebbe decidere di piazzarci un suo uomo. Nella partita Conte deve anche considerare i gruppi più piccoli che a palazzo Madama potrebbero fare la differenza.

 

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