Riaperture, Lombardia e Piemonte in bilico: serve l’ok del Sud per il via libera del 3 giugno

Riaperture, serve l ok del Sud: «Così si parte tutti insieme»
di Simone Canettieri Marco Conti
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Mercoledì 27 Maggio 2020, 00:22 - Ultimo aggiornamento: 14 Febbraio, 23:32

Riaprire la mobilità del Paese, anche a fronte di dati controversi in Lombardia e Piemonte, a patto che i governatori del Sud mettano per iscritto che la loro non belligeranza. Ovvero rinuncino a qualsiasi forma di quarantena o richiesta di passaporto sanitario per chi proviene dalle regioni del Nord. E’ uno degli scenari su cui sta ragionando il governo in vista di venerdì, quando si sapranno le pagelle delle varie regioni e in base a quelle si stabilirà se far scattare la mobilità tra un territori.

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L’attesa è per i dati che verranno forniti dal ministero della Salute che ha avviato un monitoraggio nelle regioni e che permetterà di capire se è possibile riaprire agli spostamenti infra-regionali già dal prossimo 3 giugno o invece attendere un’altra settimana almeno in alcune regioni dove la movida impazza e preoccupa i presidenti di regione. 
Questi ultimi continuano a sollecitare il governo affinché metta mano alle nuove linee guida che dovrebbero anche evitare il “fai da te” dei governatori. Le possibili ed estemporanee iniziative dei presidenti di regioni preoccupano i ministri Di Maio e Boccia e lo stesso presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ieri ha nuovamente affrontato il problema delle riaperture nel corso del vertice di maggioranza chiamato a discutere anche di election day. 

Il tentativo del premier è quasi pedagogico nei confronti dei partiti di maggioranza e opposizione. Sbagliare l’ultimo passaggio, quello della riapertura totale del Paese, potrebbe infatti costare caro. E’ per questo che si valutano con attenzione specie i dati di due regioni da tempo sotto osservazione: il Piemonte e la Lombardia. Due regioni dove i casi scendono, ma i nuovi contagi continuano a rappresentare più della metà del numero nazionale. D’altronde, vista al contrario, il timore dei governatori del Centro-Sud sono gli asintomatici lombardi o piemontesi che, in vacanza in Puglia, Calabria o Sicilia, potrebbero creare focolai di infetti che sinora il Mezzogiorno non ha conosciuto. 

Su questo aspetto hanno ragionato ieri Boccia e Fontana, il ministro e il governatore dopo gli scontri violenti della Fase 1 hanno concordato entrambi sulla «cautela» da adottare in vista del 3 giugno.
Da parte del presidente della Regione Lombardia è emersa la consapevolezza di quanto sia delicato quest’ultimo step. «Il primo a non voler commettere passi falsi sono io», è stato il ragionamento del governatore. Le decisioni sono vincolate ai dati, e in base a quelli il governo prenderà una decisione sulla mobilità della Lombardia (e anche del Piemonte). 
Ma a Milano inizia a serpeggiare quasi una rassegnazione a quello che a Roma, fonti governative, chiamano «l’ultimo sacrificio, necessario». 

IL PRESSING
Il sindaco Beppe Sala ha chiesto velocità nel comunicare l’eventuale proroga della chiusura dei confini regionali: «Non possiamo saperlo il giorno prima». Fin qui il fronte del Nord-Ovest, poi c’è il Sud che appunto inizia a far trapelare selezioni e regole d’ingaggio per chi arriverà dal Nord. «Sarebbe sgradevole», dice infatti Boccia a proposito di un’organizzazione fai da te dei governatori nella gestione dei flussi. E dal ministero della Sanità arriva uno stop ulteriore, che sembra bocciare definitivamente qualsiasi strada che contempli passaporti sanitari. «Né per gli immuni, né per i negativi», tagliano corto dal dicastero guidato da Roberto Speranza.
 
LO STOP
Il governo dunque prende in considerazione tutti gli scenari. Il primo, il migliore: davanti a dati positivi omogenei nel Paese il via libera erga omnes.

Il secondo: la chiusura dei confini per una settimana-dieci giorni delle regioni ancora a rischio. 

Il terzo: un’apertura per tutti, anche davanti a «dati controversi», purché i governatori del Sud sottoscrivano un patto, una sorta di nullaosta, che li impegni a non erigere «muri sanitari» per chi proviene dal Nord. Una partita a scacchi che mette ancora al centro la ricerca di una linea comune e condivisa.


 
 
 
 
 

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