«Vincere e vinceremo» arringava domenica la platea dell'auditorium della Conciliazione di Roma Silvio Berlusconi per lanciare la volata finale del candidato regionale Francesco Rocca. Al netto di un citazionismo quantomeno discutibile che il Cavaliere ragiona se ripetere questa sera al teatro dal Verme a Milano per la chiusura a sostegno del candidato lombardo Attilio Fontana, numeri alla mano stavolta Berlusconi ha ragione. Alle elezioni Regionali del 12 e 13 febbraio (domenica e lunedì), il centrodestra vincerà senza problemi.
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Al limite questi - i problemi - inizieranno il giorno dopo. In un colpo solo infatti, Lazio e Lombardia, passeranno nelle mani di Giorgia Meloni. Il quasi 30 per cento di preferenze su cui viaggia Fratelli d'Italia secondo gli ultimi sondaggi pubblicati, oltre ad assegnare via della Pisana e Pirellone alla coalizione, sancisce la definitiva cannibalizzazione di Lega e Forza Italia. Di fatto dieci anni dopo la sua fondazione, il partito della premier vale tra le tre (Lombardia) e le quattro (Lazio) volte la somma - sì, la somma - degli alleati. E se questo, garantisce chi è di casa a via della Scrofa, «per noi non costituisce affatto un problema perché il nostro obiettivo è sempre governare insieme» è probabile che invece per azzurri e Carroccio possa esserlo eccome.
GLI EQUILIBRI
Questione di equilibri. Che poi sono la riproposizione esatta di quanto già accaduto a Roma dopo il 25 settembre. Se però attorno a Chigi, Montecitorio e palazzo Madama a calibrare la bilancia del potere è una Meloni determinata a non creare crepe nella coalizione prima di aver dimostrato di poter fare da sola - e ci sarà bisogno di molto tempo - sui territori le cose potrebbero andare diversamente. E non solo per la guerra silenziosa in atto tra Licia Ronzulli, Tajani e l'esecutivo. Salvini infatti per ora tiene botta consapevole che il primo via libera sull'Autonomia differenziata appena incassato gli regala un po' di respiro dal pressing asfissiante dei gruppi leghisti del Nord e che, soprattutto, per le elezioni in Friuli Venezia Giulia del 2 e 3 aprile pare non esserci storia con il governatore leghista uscente Massimiliano Fedriga avviato alla riconferma già al primo turno. Ma sul dopo c'è chi, in FdI come nella Lega, è convinto che messo alle strette Salvini potrebbe reindossare le vesti del picconatore che già demolì il governo giallo-verde. Specie perché alle europee del 2024 il Capitano è destinato ad essere escluso dall'asse Conservatori e Popolari che vede protagonisti gli alleati. L'irrilevanza a cui Meloni destina gli avversari con i suoi successi elettorali, alla lunga, potrebbe ritorcersi contro via della Scrofa.
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