Il Tesoro esclude manovre: «Il deficit sta già calando»

Il Tesoro esclude manovre: «Il deficit sta già calando»
di Luca Cifoni
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Giovedì 6 Giugno 2019, 07:26

Come ottenere gli stessi effetti di una manovra correttiva, senza farla in modo esplicito. È questo il nodo intorno a cui il governo sta cercando di costruire la propria strategia per evitare l'avvio di una procedura per il debito eccessivo. Una strategia che come nel dicembre dell'anno scorso si basa - sul piano politico - sulla dichiarata volontà di Palazzo Chigi e Tesoro di mantenere aperto il dialogo con Bruxelles al di là delle dichiarazioni più o meno focose dei due vicepremier.

La Ue boccia l'Italia sul debito, ma non chiude alla trattativa

LA NOTA
A metà pomeriggio è arrivata così la posizione ufficiale dell'esecutivo, affidata ad una nota della presidenza del Consiglio che naturalmente era stata preparata e condivisa con Via Venti Settembre. Nel testo vengono riprese alcune argomentazioni che il nostro Paese aveva già sottoposto a Bruxelles nel Rapporto sui fattori rilevanti per il debito, trasmesso venerdì scorso insieme alla famosa lettera di accompagnamento. Il concetto di base è che il deficit italiano risulterà sensibilmente inferiore alle stime dell'Unione e europee ed anche a quelle fatte dallo stesso governo nemmeno due mesi fa con il Documento di economia e finanza (Def). Quanto inferiore? Se nel documento della settimana scorsa veniva ipotizzato prudenzialmente un livello intorno al 2,3 per cento, stavolta vengono messi in fila più elementi che portano alla fine ad un 2,1 per cento. Numero che è molto vicino al 2 per cento (o meglio 2,04 non arrotondato) sul quale si era conclusa la trattativa a dicembre. Insomma dopo essere tornato con il Def (a causa delle meno favorevoli stime di crescita) al 2,4 per cento ora l'esecutivo si riporta sulla posizione precedente. Anzi, quel livello disavanzo nominale si tradurrebbe ora in un miglior risultato in termini strutturali, secondo le regole europee, proprio per via del diverso e peggiorato scenario complessivo.
Alla cifra si arriva mettendo nel conto - oltre ai 2 miliardi di tagli ai ministeri congelati che ora vengono dati per acquisiti - maggiori entrate tributarie e contributive pari allo 0,17 per cento del Pil e altre entrate pari ad uno 0,13. Nel prima caso si tratta di introiti attesi in base ai risultati piuttosto favorevoli dei primi quattro mesi dell'anno (connessi anche con l'avvio della fatturazione elettronica) nel secondo di dividendi, maggiori rispetto alle stime, fatti affluire al Tesoro dalla Banca d'Italia e da alcune partecipate pubbliche. In tutto dunque si ottengono tre decimali di Pil, poco più di 5 miliardi di euro. In senso opposto incidono maggiori spese che si renderanno necessarie con l'imminente assestamento di bilancio, pari all'1,2 per cento del Pil, circa 2 miliardi. A questo punto il disavanzo scenderebbe al 2,2 per cento; aggiungendo risparmi per 1,3 miliardi (lo 0,07 per cento del Pil) su reddito di cittadinanza e Quota 100 si scenderebbe ulteriormente al 2,1. È possibile che le previsioni sulle due misure-simbolo della maggioranza di governo siano prudenti, ma data anche la delicatezza politica del tema ulteriori valutazioni potranno essere fatte solo più avanti.

I CONTEGGI
Si accontenterà l'Unione europea di queste indicazioni o pretenderà una correzione vera e propria? È plausibile che intanto venga richiesto di formalizzare i conteggi più favorevoli: per quanto riguarda le entrate ciò potrà avvenire a fine luglio, mentre su reddito e pensioni sarebbe necessaria sul piano formale una norma di legge che vada a ridurre effettivamente i relativi fondi in bilancio. L'obiettivo di Conte e Tria, tutto da verificare, è spostare la partita in autunno, quando il governo si dovrà occupare anche della pesante legge di Bilancio per il 2020. Qualche ulteriore segnale però dovrà essere dato prima di allora: da qui alla fine di luglio l'Unione europea ha comunque la possibilità di avviare quella procedura per la quale al momento esistono sul piano formale tutte le condizioni.
 

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