«Basita» dalle decisioni del giudice. Aspetta 48 ore, Giorgia Meloni, prima di dire la sua sulla sentenza che, a Catania, ha disapplicato il decreto Cutro, rimettendo in libertà tre migranti che in base alle norme varate dal governo lo scorso marzo avrebbero dovuto essere rimpatriati. E quello che la premier consegna ai social somiglia per certi versi a uno sfogo: da una parte, scrive Meloni, c’è chi «lavora ogni giorno» per «fermare le partenze dei barconi e distruggere la rete dei trafficanti di esseri umani», dall’altra invece esiste «un pezzo d’Italia» che «fa tutto il possibile per favorire l’immigrazione illegale». E al partito di chi rema contro l’azione dell’esecutivo sui migranti, la premier iscrive non solo «la sinistra ideologizzata», ma anche chi con «motivazioni incredibili» ha redatto quel verdetto. Decisione contro la quale l’esecutivo ha già annunciato ricorso: «Ci sono le condizioni per impugnare la sentenza di Catania», mette a verbale da Ventimiglia il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. «Dalla lettura dell’atto (firmato dalla magistrata Iolanda Apostolico, ndr) siamo convinti che abbiamo ragioni da sostenere».
LO SFOGO
Al netto dell’ottimismo per il ricorso (a palazzo Chigi restano convinti che la giudice Apostolico sia andata molto al di là delle proprie competenze), l’irritazione per la “bocciatura” del decreto resta.
Parole che scatenano la reazione delle opposizioni, ma anche dell’Anm. «Esprimersi in questi termini – attacca il presidente dell’Associazione dei magistrati Giuseppe Santalucia – crea una confusione pericolosa: serve reciproco rispetto». Dieci togati del Csm, nel frattempo, annunciano una raccolta firme per difendere la collega da «autentici attacchi all’autonomia della magistratura». Dal Pd Elly Schlein si rivolge alla premier: «La smetta di alimentare lo scontro istituzionale che danneggia il Paese». Mentre per il dem Francesco Boccia le parole di Meloni rappresentano «l’anticamera dell’eversione». Duro anche il leader pentastellato Giuseppe Conte, che parla di «slogan» e «bluff» del governo sull’immigrazione.
LA REPLICA
A replicare alla premier, a un certo punto, arriva anche la giudice Apostolico. Che chiede di non trasformare «una questione giuridica in una questione personale». «Non voglio entrare nella polemica né nel merito della vicenda – premette la magistrata – Il mio provvedimento è impugnabile con ricorso per Cassazione, non devo stare a difenderlo». Ma le critiche alla giudice arrivano da ogni parte, nella maggioranza. Da FdI, secondo cui «è gravissimo il fatto che chi ha giudicato il caso abbia manifestato sui social, poi chiusi ad orologeria, convinzioni politiche contro Salvini e a favore delle politiche immigrazioniste delle ong», alla Lega. Con il leader del Carroccio che, torna a menare fendenti: «Le notizie sull’orientamento politico del giudice sono gravi ma non sorprendenti», affonda. «Perché – si chiede – pur di andare contro il governo si va contro gli italiani? Anche un giudice, se sbaglia, deve pagare come tutti i comuni mortali», aggiunge il vicepremier sui social. Infine annuncia che «la Lega chiederà conto del comportamento del giudice siciliano in Parlamento. I tribunali – conclude Salvini – non possono essere trasformati in sedi della sinistra».
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