Tensioni in casa Lega, dall'attacco di Bossi al gelo di Salvini. Ma il vicepremier risponde: «Sono abituato da trent'anni»

Compleanno agrodolce del Carroccio, tra la corsa per le elezioni europee e i malumori che montano al Nord

Tensioni in casa Lega, dall'attacco di Bossi al gelo di Salvini. Ma il vicepremier risponde: «Sono abituato da trent'anni»
di Francesco Bechis
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Domenica 14 Aprile 2024, 00:10

Alla fine parlò Umberto Bossi. Camicia a quadri, gilet verde, il “Senatùr” si affaccia dal cortile della sua casa a Gemonio e saluta la piccola ma agguerrita folla di militanti accorsa alla porta del fondatore della Lega per i quarant’anni del partito. Parla eccome, Bossi, e a microfoni accesi tira una bordata al segretario Matteo Salvini: «Serve un nuovo leader». Pausa. «È questa la direzione». 

La replica del "Capitano"

Parole dure, non certo nuove ma taglientissime per il tempismo, nel mezzo di un compleanno agrodolce del Carroccio, tra la corsa per le elezioni europee e i malumori che montano al Nord. Salvini a Gemonio, dove tutto ebbe inizio, non c’è. È a Milano, a chiudere il G7 Infrastrutture all’ombra del Duomo. Ma trova il tempo per replicare all’affondo dell’ “Umberto”, in modalità zen. Confessa di essere «abituato da trent’anni» alle critiche del fondatore e spiega che ne parlerà nel suo nuovo libro-autobiografia, “Controvento” (Piemme), una Salvini-story confezionata per rilanciare l’immagine del “Capitano” a meno di tre mesi dal voto Ue.

Il grande gelo

La cortesia formale non basta a nascondere il grande gelo tra il vecchio e il nuovo segretario. «Ascolto le critiche con attenzione e gratitudine, rispondo solo che vederlo in salute è il miglior regalo per questa festa», taglia corto Salvini. È uno scambio destinato a far parlare di sé, questo è certo.

E nelle ore che seguono la stoccata di Bossi, circondato a Gemonio da un gruppo dei fedelissimi - ci sono volti della prima ora come l’ex ministro Roberto Castelli, l’ex segretario della Lega Lombarda Paolo Grimoldi, la notaia che firmò l’atto di nascita del partito di Alberto da Giussano Franca Bellorini - le truppe iniziano a schierarsi. 

Gli schieramenti

Il primo a rompere i ranghi, al solito, è Andrea Crippa, vicesegretario del partito di strettissimo rito salviniano. «Bossi ha creato la Lega, Maroni l'ha salvata e Salvini l'ha rilanciata», esordisce. Poi la scelta di campo, un messaggio ai riottosi a via Bellerio. «Faremo le valutazioni quando ci sarà il congresso: io esplicito il mio voto, se si candida Salvini io voto Salvini. Perché secondo me senza Salvini in questo momento non esisterebbe più la Lega». Un pronto-soccorso al leader netto e immediato. Che però resta quasi isolato. Tacciono i big del partito, non se la sentono i governatori del Nord, da Luca Zaia ad Attilio Fontana fino a Massimiliano Fedriga, di schierarsi contro il fondatore, l’uomo di Gemonio che quarant’anni fa ha promesso di marciare su Roma sventolando la bandiera federalista e secessionista. Bossi è un fiume in piena con i cronisti davanti casa. Rivela che Giancarlo Giorgetti, il numero due del partito e numero uno dei conti italiani, gli ha telefonato per la festa, Salvini invece no. E sul ministro dell’Economia si fa tagliente. 

Le stoccate

I giornalisti gli chiedono: Giorgetti può essere il nuovo leader? E lui non nega né conferma: «Giorgetti è uno bravo, ma il nome lo avete fatto voi, non io. Altrimenti lo massacrano». Poi giù di nuovo contro il corso salviniano del partito: «Ci vuole un po' di testa. La Lega di allora era radicata nella base popolare, in consiglio a Varese si parlava in dialetto. Se le radici sono forti è difficile che si fermi». Salvini annota, ma non replica, per ora. Sa che, sfumati i giorni della festa, sfumerà anche il nostalgismo che ha messo in fila i vecchi militanti e qualche ex dirigente davanti alla casa del fondatore come gesto di sfida al segretario. Oggi, per evitare altre polemiche, il vicepremier sarà a Varese, alla risottata per celebrare ancora una volta i quarant’anni di vita leghista. Bossi è stato invitato, all’ultimo, con una lettera. Ma non verrà. «Io a Varese. No», risponde sbuffando in dialetto: «Una festa a settimana basa...». 

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