Guerra in Ucraina, Emma Bonino: «Tregua alimentare subito, porti aperti o sarà carestia»

La senatrice: «La Tunisia è in difficoltà, attenzione alle ripercussioni per l’Italia»

Guerra in Ucraina, Emma Bonino: «Tregua alimentare subito, porti aperti o sarà carestia»
di Luca Cifoni
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Lunedì 23 Maggio 2022, 08:10

Serve una tregua alimentare per scongiurare carestie e instabilità nei Paesi più vulnerabili. Emma Bonino si è occupata per buona parte della sua vita di emergenze planetarie. Oggi ha un quadro ben preciso della situazione in Ucraina e delle conseguenze che potrebbe avere in particolare sulle aree più povere del mondo.
Dalla Fao all'Onu, l'allarme per una crisi alimentare globale è alto. Che possibilità ci sono che dalla consapevolezza si passi ad azioni concrete?
«La consapevolezza ora c'è anche rispetto a questi gravi effetti collaterali della guerra di Putin. Siamo in una fase difficile per le grandi organizzazioni transnazionali, a partire dalle Nazioni Unite, che non riescono ad essere autorevoli e perciò non esercitano la autorità che servirebbe. È essenziale che si attivino anche i grandi Paesi e l'Ue e che vi siano strategie convergenti, evitando la logica dell'accaparramento. La priorità deve essere per i Paesi più vulnerabili ad una crisi alimentare».
L'Europa sta provando a sbloccare 20 milioni di tonnellate di grano e mais bloccate nei porti ucraini, ipotizzando rotte alternative che usino altri porti sul Mar Nero. È una buona idea?
«La richiesta principale deve essere quella di una tregua umanitaria/alimentare. Sono certa che da parte ucraina ci sia la disponibilità, la risposta principale deve venire dalla Russia che attacca. Bisogna riaprire i porti dove sono stoccate riserve di cereali pronte a partire: per questo bisogna poi sminare un corridoio marino per le navi e garantirne una navigazione sicura. Se la Russia non accetterà, dobbiamo creare vie alternative, ferroviarie; non sarà semplice dal punto di vista logistico ma bisogna provarci».

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L'emergenza sta già seminando instabilità in diversi Paesi. Si può ripetere uno scenario come quello che nel 2011 culminò nella primavera araba?
«Io ho pensato subito alla stagione delle rivolte poi sfociate nelle primavere arabe, che suscitarono aspettative di democrazia poi tradite, originate proprio da un rincaro generalizzato del pane. Ue e Usa devono cercare una strategia comune per assicurare forniture di cereali prima di tutto dove più servono. Penso alla Tunisia, che vive una fase di crisi politica e la cui destabilizzazione avrebbe effetti diretti sull'Italia e l'Europa. La Tunisia è a poche miglia dalla Sicilia, oggi i flussi sono limitati ma se dovessero cominciare a partire i cittadini tunisini la situazione potrebbe diventare drammatica».
L'Europa paga a caro prezzo le scelte fatte negli anni scorsi in campo energetico. E i consumatori iniziano ad accorgersi degli aumenti agli scaffali del supermercato. Anche per la sicurezza alimentare c'è un problema di dipendenza dall'esterno?
«Stiamo pagando tutti l'enormità della decisione di Putin di invadere l'Ucraina. Negli ultimi vent'anni si è scelto di aumentare le forniture energetiche dalla Russia fino a sviluppare una vera e propria dipendenza, sottovalutando colpevolmente i rischi di affidabilità politica di un regime che nel frattempo diventava dittatoriale. Il risveglio è stato brusco, ma stiamo reagendo e ce la faremo: dobbiamo evitare di far ricadere i costi sui più deboli. Sul piano alimentare siamo sempre stati fisiologicamente interconnessi con l'estero e penso torneremo ad esserlo. Dobbiamo elaborare strategie che consentano di affrontare altre crisi di approvvigionamento ampliando le produzioni europee quando necessario. Ho sempre criticato la politica agricola comune come distribuzione di sussidi che finivano in rendite o distorcevano i mercati, potrebbe trovare un ruolo in termini strategici e precauzionali».
La pandemia ha spinto l'Unione europea a unirsi, con il Next Generation Eu e gli acquisti comuni dei vaccini. L'invasione dell'Ucraina e la connessa emergenza energetica sembrano invece aprire nuove crepe. Cosa succederà ora?
«L'Ue ha reagito brillantemente alla pandemia. Il Next Generation Eu ha rappresentato un salto di qualità straordinario per il bilancio europeo con il ricorso ad un debito comune su cui pochi avrebbero scommesso, anche se per ora una tantum. Anche sulle sanzioni alla Russia, sull'accoglienza dei rifugiati e sull'invio di armi alla resistenza ucraina la Ue ha reagito in modo forte, rapido e unitario. Ora con l'atteggiamento di Orban, il più amico di Putin tra i leader europei e buon amico dei sovranisti italiani, tornano purtroppo al pettine alcuni nodi istituzionali, a partire dal voto all'unanimità, cioè al diritto di veto, sulle decisioni di politica estera. Come +Europa chiedevamo la fine del diritto di veto e una politica estera e di sicurezza comune già nel nostro programma di cinque anni fa riprendendo decenni di lotte federaliste. Oggi sempre più leader europei sostengono che per avere il suo ruolo nel mondo per difendere e promuovere i valori e gli interessi dei cittadini europei servono alcune riforme sulla governance: è il momento di farle, raccogliendo le raccomandazioni della Conferenza sul futuro dell'Europa».
In questo contesto, quali sono (se ci sono) gli spazi di manovra per il governo italiano?
«Partiamo dai fondamentali: Draghi si era impegnato per un governo europeista ed atlantista ed è stato coerente.

Abbiamo riconquistato credibilità e affidabilità internazionali dopo tre anni di sbandamenti verso Putin e la Cina. Draghi è stato chiaro sul conflitto, continueremo a sostenere la resistenza di Zelensky contro l'aggressione della Russia di Putin, perché la pace non può arrivare dalla resa ucraina, e mi spiace per Salvini, Conte e Berlusconi che un giorno sì e l'altro pure vorrebbero smettere di sostenere Kiev per tornare ad essere accondiscendenti con Mosca. Solo questa posizione netta di Draghi che come +Europa ed Azione sosteniamo con grande convinzione, ci consente di essere credibili quando ipotizziamo e proponiamo a Ue e Usa la definizione di un percorso negoziale complessivo tra le due parti. Senza dimenticare, però, che questa guerra letteralmente criminale l'ha avviata Putin ed è lui che la può fare terminare anche domani».

 

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