Giustizia, così quella civile frena l’economia italiana

Giustizia, così quella civile frena l’economia italiana
di Gabriele Rosana
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Venerdì 9 Luglio 2021, 00:11

Promemoria per il Pnrr italiano, sempre che ce ne sia bisogno: occhio alla giustizia. Nelle pagelle che la Commissione europea dà ai sistemi giudiziari degli Stati membri dell’Ue l’Italia si piazza ancora una volta tra le ultime della classe, mentre fa registrare il risultato peggiore tra tutti i Ventisette sulla durata dei processi civili in ultimo grado: ci vogliono 1300 giorni per una sentenza definitiva (Malta, che ci segue in classifica, si ferma a 875). 

Non vanno meglio le medie sui tempi del primo grado (532, in crescita) e del secondo (791); e pure i giudizi amministrativi restano sopra la media europea, con 821 giorni davanti al Tar e 694 in Consiglio di Stato.

Male anche la fiducia nelle aule italiane dell’opinione pubblica e, in particolare, tra le imprese. Il giudizio senza appello arriva dall’ultimo rapporto dell’esecutivo Ue, pubblicato ieri per il nono anno consecutivo, che sulla durata dei procedimenti prende in considerazione i dati 2019.

 

Giustizia, il trend

Per l’Italia è l’impietosa descrizione di un trend da invertire se il Paese vuole davvero liberare le energie del piano per la ripresa, come ricorda il rapporto di Bruxelles: «Un sistema giudiziario indipendente, efficiente e ben funzionante può avere un impatto favorevole sugli investimenti e sul tessuto imprenditoriale dei Paesi membri». Insomma, non certo la fotografia della situazione dell’Italia, che rischia di avviare la ripartenza con il freno a mano tirato: senza un taglio della durata dei processi non si avrà «l’effetto positivo sull’economia e sull’attrazione degli investimenti esteri» che la Commissione auspica sortisca il Recovery Plan

Didier Reynders, il commissario europeo alla Giustizia, ricorda che «qualche segnale positivo, come la riduzione dell’arretrato in materia civile, c’è stato», ma non basta. Il dialogo con Roma è aperto: la riforma della giustizia rientra a pieno titolo tra le raccomandazioni che Bruxelles ha rivolto all’Italia ed è un asse portante del Pnrr, «dove ci sono alcune riforme e investimenti che vanno nella direzione auspicata. Monitoreremo l’impegno di ridurre nei prossimi cinque anni la durata delle cause civili del 40% e di quelle penali del 25%».

Percezione 

Italia in fondo alla graduatoria anche per il sondaggio 2021 dell’Eurobarometro sulla percezione della giustizia, dove il nostro Paese si trova in compagnia di maglie nere sulla situazione dello stato di diritto in Europa come Ungheria e Polonia. L’Italia finisce al terzultimo posto secondo le imprese, che lamentano un sistema giudiziario influenzato dalla politica e dai gruppi d’interesse. Qualche indicazione anche sulla riforma della composizione del Consiglio superiore della magistratura, che secondo Bruxelles deve seguire i pareri degli organismi internazionali per la tutela dei diritti umani e «avere una maggioranza di membri eletti dai giudici». 

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Se sulla digitalizzazione si registra qualche passo avanti, la Commissione è invece preoccupata dalle risorse umane, dice Reynders: «Ho visto che ci sono proposte di separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti», ma la via maestra è «aumentare il numero dei giudici» attraverso nuove assunzioni. La nostra magistratura ha l’organico tra i più ridotti di tutta l’Ue: 11 giudici ogni 100mila abitanti, un numero sensibilmente inferiore rispetto alla prima della classe (Slovenia, con 41). Sulla percentuale di avvocati si sfiora invece il podio, con un quarto piazzamento.
 

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