Salvini: toghe di sinistra in azione sul caso Diciotti, ma il governo non cade

Salvini: toghe di sinistra in azione sul caso Diciotti, ma il governo non cade
di Claudia Guasco
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Domenica 27 Gennaio 2019, 08:54 - Ultimo aggiornamento: 15:25
MILANO Il comizio improvvisato di Matteo Salvini è quasi un flash mob. Il ministro convoca la base leghista in un gazebo di corso Buenos Aires, sale sul muretto d'ingresso della metropolitana, impugna il megafono e scandisce: «Prendete le arance, perché se mi portano a San Vittore...». Un po' scherza, un po' no, perché sulla questione migranti «vado avanti per la mia strada, che mi indaghino o mi arrestino». Il tribunale dei ministri di Catania ha chiesto l'autorizzazione a procedere nei confronti del vicepremier per la vicenda della nave Diciotti, l'orientamento politico è verso il sì, lui si dice tranquillo. «Sceglierà il Senato sull'evidente invasione di campo di qualche giudice di sinistra che vuol fare politica. Ho il cellulare pieno di messaggi di magistrati, avvocati, giudici e uomini di chiesa liberi. Andiamo avanti a testa alta, con coraggio e onestà».

«SCELTA DI DEMOCRAZIA»
Salvini è inquisito per sequestro di persona aggravato, reato che avrebbe commesso la scorsa estate quando negò l'autorizzazione allo sbarco di 117 clandestini bloccati nel porto di Catania. Per la procura il caso andava archiviato, per il tribunale dei ministri il vicepremier va processato: mercoledì sera la giunta per le immunità ha ricevuto il plico, la prossima settimana inizierà l'esame degli atti, entro trenta giorni esprimerà il suo parere, quindi Palazzo Madama dovrà votare per stabilire se nei confronti del leader della Lega sussista il fumus persecutionis. Per il ministro è un doppio problema, oltre all'aspetto giudiziario c'è quello politico. Che succederà all'esecutivo, visto che l'alleato Cinquestelle ha intenzione di votare contro di lei? «Il governo non cadrebbe comunque - assicura il ministro - Io non ho problemi con nessuno, non sarà una scelta personale su Mateo Salvini, bensì di democrazia. Dovranno scegliere se io possa fare il ministro, lavorando bene come ho dimostrato, oppure se sulla questione decidono i poteri esterni che si sostituiscono a Camera e Senato. Io non ho protezioni da chiedere a nessuno». La questione è urgente, perché sull'autorizzazione a procedere gli orientamenti sono ormai espliciti: «La linea del M5s è chiara e credo che faccia bene a tutti, anche a Salvini, andare fino in fondo in questa storia», indica la linea il sottosegretario al Viminale, il grillino Carlo Sibilia, sostenendo l'opportunità di dire sì alla richiesta del tribunale dei ministri. «Salvini ha già detto che vuole essere processato, crediamo che sia una scelta giusta», aggiunge il sottosegretario agli Affari regionali Stefano Buffagni, precisando che «ha operato sul mandato del governo, quindi le scelte che ha fatto sono state condivise». Davanti al banchetto elettorale i sostenitori di Salvini scattano selfie con il Capitano e lo invitano a «non mollare». Lui replica: «Abbiamo tanto da fare, da lavorare, tante tasse da abbassare, quindi non ci sono crisi, problemi dietro l'angolo, io sono assolutamente tranquillo». Stato d'animo che mette in pratica quando due contestatrici gli gridano «fascista, omofobo». Lui le ignora: «Sto facendo quello che dovrebbe fare ogni buon italiano, ovvero difendere i confini, difendere la sicurezza del mio Paese. Giudicherà il Senato se sto facendo bene».

«GOLPE ROSSO»
E Lega cosa voterà? «Il Senato è libero, il Parlamento è libero. Gli italiani sono un popolo libero. Giudichino se sto facendo bene il ministro o se ho commesso un reato. Io in piena coscienza penso di lavorare ogni giorno per difendere le leggi, le regole e la sicurezza del mio Paese». Questo nonostante «l'invasione di campo di alcuni giudici di sinistra». Vuole andare a processo? «Decida il Senato», taglia corto Salvini. Che nonostante la freddezza dei rapporti, incassa l'appoggio del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi: «Noi siamo garantisti e continuiamo a esserlo», lo sostiene. Certo, avverte il senatore di FI Francesco Giro, se il Senato dovesse dare il via libera alla magistratura «di inquisire un vicepremier per il reato di sequestro di persona, vorrà dire che si renderà responsabile di un golpe rosso».
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