Autonomia, i veri numeri della spesa: al Nord più soldi pubblici che al Sud

Autonomia, i veri numeri della spesa: al Nord più soldi pubblici che al Sud
di Andrea Bassi
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Mercoledì 11 Dicembre 2019, 09:23 - Ultimo aggiornamento: 09:24
Non è vero che la spesa pubblica corrente nel Mezzogiorno è superiore a quella delle Regioni del Nord. Anzi. È esattamente il contrario. Lo Stato, se si considera nella sua accezione più allargata che ricomprende, per esempio, anche gli enti previdenziali, impiega decisamente più risorse nel Nord del Paese che nel Mezzogiorno. A ribaltare la prospettiva sono i dati consegnati ieri dalla Svimez alla Commissione finanze della Camera dei Deputati, dove il presidente Adriano Giannola e il direttore generale Luca Bianchi, sono stati ascoltati in un'audizione sul regionalismo differenziato chiesto da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

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Fino ad oggi il dibattito sulla spesa pubblica nelle Regioni è stato basato sulla spesa regionalizzata al netto degli interessi sul debito pubblico elaborata dalla Ragioneria generale dello Stato. Ma il problema dei dati utilizzati dalla Ragioneria, spiega la Svimez, è che considerano soltanto una piccola fetta della spesa pubblica nelle Regioni. Meno della metà del totale della spesa statale, e meno di un terzo di quella dell'intero settore pubblico e del settore pubblico allargato. Un limite che non può essere sottovalutato perché, spiega ancora la Svimez, lascia fuori dal conteggio le politiche previdenziali, la spesa per i diritti sociali, le politiche per la famiglia. Si tratta di «comparti cruciali» per le richieste di autonomia differenziata avanzate dalle tre Regioni. Così, se si prende in considerazione il dato della Ragioneria generale dello Stato, la spesa pubblica pro-capite nel Mezzogiorno risulta di 3.853 euro, più alta dei 3.375 euro del Centro-Nord. Ma se invece di prendere in considerazione i dati della Ragioneria si fa riferimento a quelli più completi dei Conti pubblici territoriali il dato si ribalta: Il Mezzogiorno riceve mediamente 400 euro in meno pro-capite rispetto al Nord. E il divario cresce ancora se si considerano le spese del «Settore pubblico allargato», che ricomprende anche le società e gli enti controllati direttamente dalle amministrazioni pubbliche. In questo caso la spesa destinata al Sud si ferma a 13.394 euro pro-capite contro i 17.065 euro di quella per il Nord.

IL DATO
Se si guarda la spesa pubblica nelle Regioni da questa prospettiva più larga, si scopre anche che Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto che si collocano agli ultimi posti nella classifica della Ragioneria generale dello Stato, risalgono all'undicesimo, al settimo e al sedicesimo posto considerando il complesso della spesa della Pubblica amministrazione. E si piazzano davanti a Regioni meridionali come la Campania, la Puglia, la Sicilia, la Calabria e la Basilicata. Se dunque si considerano la spesa previdenziale e il comparto sanitario, spiega la Svimez, «le classifiche regionali risultano completamente diverse, smentendo la vulgata di un eccesso di spesa pubblica nelle Regioni meridionali». Chiarito che il Sud non riceve più risorse del Nord, la Svimez, pur giudicando un passo avanti la legge Quadro del ministro Francesco Boccia sulle autonomie differenziate, ne evidenzia alcuni limiti. Il primo riguarda l'assenza dell'individuazione di criteri di accesso al regionalismo differenziato. Il secondo, più importante, è che chiesto che le domande di autonomia differenziata vengano motivate «dall'interessa nazionale»Insomma, a muovere le autonomie è piuttosto l'interesse particolare delle Regioni che ne fanno richiesta.

LE DOMANDE
In sostanza, spiega la Svimez, non intervenendo su questi due aspetti il disegno di legge di Boccia lascia inevase due domande. La prima è se «le richieste di autonomia rafforzata che verranno accolte, saranno motivate adeguatamente da giustificazioni economiche nell'interesse pubblico nazionale». La seconda è «come e quanto verrà valutato il fatto ampiamente certificato di aver fruito dal 2009 di un improprio privilegio nel riparto di risorse pubbliche erariali di conto corrente ed in conto capitale sottratte ad altri territori». È vero che la riforma Boccia propone un fondo perequativo per le infrastrutture. Ma questo fondo, dice la Svimez, rischia di essere un'ennesima riserva che corrisponde alla rinuncia di orientare l'intera politica infrastrutturale del Paese all'obiettivo della rimozione del deficit di strade, ferrovie e altre infrastrutture de Mezzogiorno rispetto al Nord.
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