Ugo Tognazzi moriva 30 anni fa. Gianmarco: «Quando papà arrivo su un elefante a Torvaianica»

Ugo Tognazzi moriva 30 anni fa. Gianmarco: «Quando papà arrivo su un elefante a Torvaianica»
di Gloria Satta
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Lunedì 3 Agosto 2020, 08:03 - Ultimo aggiornamento: 19:53

Quattro fratelli, figli di tre madri diverse ma molto uniti e parte della stessa storia: Ricky, 65 anni, Thomas, 56, Gianmarco, 52, e Maria Sole, 49, che di cognome fanno tutti Tognazzi, si preparano a celebrare il padre, il grande Ugo che se ne andava nel sonno trent'anni fa, il 27 ottobre 1990 nemmeno settantenne, dopo aver girato 160 film di cui 6 da regista, e lasciato un segno indelebile nel cinema, nell'immaginario, nel costume. Saranno infatti i Tognazzi Brothers eccezionalmente riuniti (Thomas, figlio dell'attrice norvegese Margarethe Robsham, vive a Oslo) a curare la direzione artistica dell'evento Ugo Pari 30 che, promosso dal Comune di Pomezia, si terrà dal 21 al 23 agosto a Torvaianica dove il grande attore aveva creato il Villaggio Tognazzi organizzando per un trentennio il celebre torneo di tennis chiamato lo Scolapasta d'oro.
Ci saranno film sulle passioni di Ugo (cinema e cucina) come L'Anatra all'arancia, Amici miei, La grande abbuffata, il documentario di Maria Sole Ritratto di mio padre, foto, ricette del grande attore (risotto al melone, stinco di santo) servite dai ristoranti della zona. Alla vigilia dell'evento e a due anni dalle solenni celebrazioni del centenario della nascita di Ugo, il figlio Gianmarco, attore e titolare dell'azienda vinicola La Tognazza, racconta il padre e le folli estati di Torvaianica.
Qual è l'impronta più riconoscibile, a parte le grandi interpretazioni cinematografiche, che Ugo ha lasciato?
«Lo stile di vita improntato a onestà intellettuale, trasparenza, naturalezza, apertura agli altri. E la capacità di precorrere i cambiamenti del costume: è stato un grande chef quando la cucina non era di moda e tra i primi a creare una famiglia allargata. Coltivava soprattutto il valore dei rapporti interpersonali che oggi fa parte del mio Dna. Amava circondarsi di persone care».
Tra queste c'era il cantautore e chirurgo Enzo Jannacci che un giorno lontano le salvò la vita: come andò?
«Avevo cinque anni, eravamo tutti insieme e io rischiai di morire soffocato. Enzo, che portava sempre con sé la sua valigetta da medico, intuì la gravità della situazione e mi praticò prontamente una puntura che scongiurò il peggio».
Cosa significava per suo padre l'amicizia?
«Condivisione, che si esprimeva a tavola. Ugo amava cucinare non tanto per sfoggiare la propria arte culinaria ma per fare felici le persone a cui teneva. In casa nostra per 30 anni si sono fatte cinque cene alla settimana e partecipava tutto il cinema italiano: Mario Monicelli, Vittorio Gassman, Dino Risi, Armando Trovajoli, Steno. Molti capolavori sono nati proprio intorno alla nostra tavola».
Quali?
«Marco Ferreri ebbe l'idea di La grande bouffe, il film in cui alcuni amici mangiano fino a morire, proprio guardando Ugo che preparava manicaretti per tutti. Mio padre veniva considerato ugoista, cioè concentrato su se stesso, ma nella convivialità esprimeva un grande altruismo».
È vero che a Torvaianica Ugo si presentò una volta in groppa a un elefante?
«Certo. Se l'era fatto prestare da un circo sbarcato nella zona e convinse Gassman a cavalcarlo con lui. Ma rimasero incastrati tra due muri... L'episodio dell'elefante è solo uno dei tanti che hanno scandito la storia del torneo di tennis, un appuntamento-cult a cui parteciparono anche Luciano Pavarotti e i Rolling Stones».
Quali altri episodi ricorda?
«Ugo confezionò una torta alta 10 metri e dentro nascose noi ragazzini. Un'altra volta giocò in doppio con Paolo Villaggio ed entrambi erano vestiti da donna... Il torneo ospitava esibizioni e show, ricordo Anthony Quinn e Philippe Leroy che giocavano con la frusta».
Lei è amico fraterno di Alessandro Gassmann, il figlio di Vittorio. Un legame trasmesso dai padri ai figli?
«Con Alessandro ci siamo frequentati sporadicamente da piccoli al seguito di Vittorio e Ugo, poi abbiamo scoperto l'amicizia profonda negli anni Novanta lavorando insieme. Io ho presentato ad Alessandro la donna della sua vita, Sabrina Knaflitz, e lui mi ha sopportato stoicamente quando, prima di incontrare mia moglie Valeria, avevo una vita sentimentale disastrosa. Ci vogliamo un gran bene».
Che ricordo ha dello scherzo del settimanale satirico Il Male che nel 1978 mise suo padre in prima pagina sotto il titolo Arrestato Tognazzi, è il capo delle Br?
«Erano gli anni di piombo e da qualcuno quello scherzo fu preso seriamente. Ma Ugo, da provocatore nato e amante del paradosso, non si pentì. Anzi rivendicò il diritto alla cazzata che, almeno una volta, spetta a ognuno di noi».
 

 

 

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