Marcello Dell'Utri, storia dell'amico fraterno di Silvio Berlusconi. I casi e i processi del co-fondatore di Forza Italia

Antonella Zatini, giudice per le indagini preliminari del tribunale di Firenze, ha ordinato il sequestro preventivo di beni, sino alla somma di 20 milioni e 430mila euro perché Dell’Utri non avrebbe rispettato la legge Rognoni-La Torre

Marcello Dell'Utri, storia dell'amico fraterno di Silvio Berlusconi. I casi e i processi del co-fondatore di Forza Italia
di Mario Ajello
9 Minuti di Lettura
Giovedì 21 Marzo 2024, 16:33

Lo accusano di aver violato la normativa antimafia. E così su Marcello Dell’Utri cade un’altra tegola, dopo le tante che hanno punteggiato al sua vita da manager e da politico, da fondatore di Forza Italia e da amico fraterno di Silvio Berlusconi. Antonella Zatini, giudice per le indagini preliminari del tribunale di Firenze, ha ordinato il sequestro preventivo di beni, sino alla somma di 20 milioni e 430mila euro perché Dell’Utri non avrebbe rispettato la legge Rognoni-La Torre. Condannato definitivamente per concorso in associazione mafiosa, l’ex senatore ha l’obbligo di comunicare le sue variazioni patrimoniali. E così, nell’ambito dell’inchiesta che lo vede indagato a Firenze per strage e associazione mafiosa, i magistrati hanno rilevato che nell’arco di alcuni anni Dell’Utri ha avuto un incremento patrimoniale che gli ha fatto incassare oltre 42 milioni di euro.

Il caso giudiziario

E’ l’ennesimo caso giudiziario che lo riguarda. La procura toscana sta indagando il fondatore di Forza Italia per l’inchiesta sulle bombe del 1993 a Roma, Milano e Firenze, e con lui era indagato anche Berlusconi, deceduto lo scorso anno. Dell’Utri è stato l’uomo chiave, il consigliere dell’ex Cavaliere, con una condanna a sette anni perché ha svolto un’attività di «mediazione» con i boss, ponendosi come «specifico canale di collegamento» tra Cosa nostra e il futuro premier.

I consulenti finanziari della procura si soffermano sui versamenti che Berlusconi ha fatto dal 2012 al 2021 a Dell’Utri, per circa 28 milioni di euro. Cifre che si aggiungono a quelle già note di oltre 4 miliardi di lire dal 1989 al 1994. Un fiume di denaro che si collega al silenzio dell’ex senatore che non ha mai messo in mezzo l’ex Cavaliere sia nel processo sulla mafia sia nei processi sui fondi sconosciuti arrivati a Fininvest. Gli oltre 42 milioni, secondo la Procura, sono i bonifici non dichiarati. E dunque, ecco il sequestro patrimoniale. 

Il rapporto con Berlusconi

Non c’entrano dunque i 30 milioni che Berlusconi ha destinato a Dell’Utri nel suo lascito ereditario. Qui si tratta di altri soldi, ma sempre di soldi e di molti soldi si tratta quando c’è di mezzo l’ex manager di Publitalia. Il quale con il Cav ha avuto un rapporto simbiotico. Testimoniato anche dai 30 milioni che gli ha lasciato. Un gesto che ha stupito lo stesso Dell’Utri: «Quando mi ha chiamato il notaio, sono rimasto scioccato dalla notizia», ha affermato il 6 luglio. «Non me lo aspettavo perché non mi doveva nulla. L’affetto rimaneva anche senza questo gesto materiale, che dimostra la grandezza dell’uomo», ha aggiunto, spiegando di aver «dato tutto per Berlusconi, e lui a me». 

I processi

Come per Berlusconi, anche Dell’Utri ha dovuto affrontare diversi processi giudiziari (12) nel corso della sua vita, anche se tra patteggiamenti, prescrizioni di reato e assoluzioni, ha subito solo 2 condanne definitive. La prima è stata a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Questa sentenza è stata emessa nel 2014, dopo un processo durato 20 anni, a causa dei suoi legami con Cosa Nostra. Prima che il giudice pronunciasse una sentenza definitiva, Dell’Utri si è dato alla fuga rifugiandosi in Libano. Nel luglio del 2015, viene localizzato e arrestato in un’operazione congiunta dell’Interpol e della polizia libanese, dopo che la Corte d’Appello di Palermo lo aveva dichiarato latitante. Riportato in Italia, ha scontato una pena di 4 anni di carcere e più di 1 anno ai domiciliari a causa di problemi di salute. Sempre nel 2015 riceve la sua seconda condanna con una sentenza di 8 mesi di reclusione per reato di abuso edilizio: aveva costruito senza autorizzazione su un’area soggetta a vincoli una casa su un albero nella Villa di Torno, sul lago di Como. Dell’Utri è stato sotto processo anche per il caso della presunta trattativa Stato-Mafia. Per questo, nel 2018 è stato condannato in primo grado a una pena di 12 anni di reclusione per violenza o minaccia al corpo politico dello Stato. Tuttavia, questa condanna è stata successivamente annullata e si è conclusa con la sua assoluzione nel 2021. La moglie di Dell’Utri, Miranda Ratti, ha dichiarato che la sua famiglia ha affrontato molte difficoltà a causa dei vari procedimenti giudiziari che il marito ha dovuto subire.

Ora la perizia dei consulenti disposta dai procuratori aggiunti Luca Tescaroli e Luca Turco svela che l’8 marzo 2012 Berlusconi versa a Dell’Utri e alla moglie Miranda Ratti 20,9 milioni di euro per comprare Villa Comalcione, di proprietà dell’ex senatore: con quei soldi la moglie acquista un’altra villa a Santo Domingo. Il flusso di denaro Berlusconi-famiglia Dell’Utri si interrompe per qualche anno e riprende il 23 marzo 2015 con un bonifico di un milione di euro al figlio dell’ex manager, Marco Dell’Utri: soldi che saranno utilizzati ufficialmente per pagare gli avvocati del padre e per noleggiare uno yacht di lusso.
Il 2 agosto del 2016 arrivano altri due milioni di euro sul conto della signora Ratti. Il 27 luglio 2017, 500 mila euro; nel febbraio 2018, 1,2 milioni; nel marzo dello stesso anno, 800 mila euro; nel marzo del 2019, altri 500 mila euro. E, ancora, nel gennaio 2020: 1,2 milioni. E nel giugno 2021, 180 mila euro. I giudici hanno ricostruito tutto questo ma nulla di questo è stato comunicato da Dell’Utri e nelle dichiarazioni patrimoniali. Omissioni che sono contrarie alla legge. 

Dunque un fiume continuo di denato dalle casse berlusconiane a quelle di Dell’Utri. Perché? E’ la domanda che tutti si sono fatti e che i magistrati continuano a farsi. In una nota, gli investigatori della Direzione investigativa antimafia ipotizzano che le donazioni di denaro sono «sicuramente connesse a un riconoscimento anche morale, l’assolvimento di un debito non scritto, la riconoscenza, per quanto riguarda l’ultimo periodo», dovuta all’ex senatore «per aver pagato un prezzo connesso alla carcerazione, senza lasciarsi andare a coinvolgimenti di terzi». Insomma, perché non ha tradito. 
Ci sono carte in cui Miranda Ratti, intercettata, «ritiene di essere portatrice, e titolare, di veri e propri diritti economici verso Berlusconi», per cui insiste nel far capire a una sua interlocutrice «che il debito verso di loro è ancora aperto» e afferma: «È un fatto di principio, l’obiettivo va portato fino in fondo, io non mollo».

Alla base vi è «una storia nostra», e per la Dia c’è «la consapevolezza che tutte le loro richieste, assecondate da Berlusconi, trovano fondamento in una sorta di risarcimento di quanto hanno patito nel tempo per colpa sua, per averlo, probabilmente, coperto». Una interpretazione a queste somme di denaro ha provato a darla ai magistrati il ragionier Giuseppe Spinelli, 82 anni, l’uomo che custodisce i segreti finanziari di Berlusconi e che, fino alla scomparsa del Cavaliere, ha avuto le chiavi delle holding di famiglia.

Spinelli spiega che fra Dell’Utri e Berlusconi «c’era un rapporto fiduciario». Il procuratore aggiunto Luca Tescaroli chiede spiegazioni sulle operazioni dal 2011 al 2021, che hanno movimentato 32 milioni e 700mila euro a favore di Dell’Utri. «Erano richieste di aiuto che la moglie di Dell’Utri ha fatto. La signora Ratti doveva pagare gli avvocati, c’erano le spese e non avendo più nessun lavoro… era una richiesta di aiuto fatta direttamente a Berlusconi».

E comunque, in questa storia di soldi e tanti soldi ora è arrivato il sequestro. E torna sotto la lente pubblica il sodalizio tra Silvio e Marcello, i due amicissimi. Legati da tanti vincoli. A un certo punto - tanto per fare un esempio dell’intreccio tra queste due vite che è durato fino alla morte del Cav - fu Dell’Utri che si occupò attivamente di seguire la ristrutturazione della villa di Arcore. Sarà lui a portare nella residenza dell’ex presidente del Consiglio Vittorio Mangano, noto come lo «stalliere di Arcore», una figura controversa già allora in odor di mafia, ma sia il futuro leader di Forza Italia sia Dell’Utri hanno sempre dichiarato di non essere stati a conoscenza delle sue attività criminali. Nel 1977, il dirigente si unisce alla società INIM e successivamente diventa amministratore delegato della Bresciano Costruzioni, che tuttavia fallisce dopo pochi anni. Nel 1982 inizia la sua attività presso la Publitalia ‘80, la società di raccolta pubblicitaria della Fininvest, fondata nel 1979 da Berlusconi. Nel 1984 ottiene la posizione di amministratore delegato del gruppo. Nel 1990, proprio su proposta di Dell’Utri, viene fondata la Silvio Berlusconi Editore, di cui lui stesso si occupa personalmente della produzione fino al 1993. Questa nuova iniziativa segna un ulteriore passo avanti nella carriera di Dell’Utri nell’ambito dei media e dell’editoria.

 

La svolta

Nel 1993 c’è un’altra svolta nella vita di Dell’Utri. Viene coinvolto nella fondazione di “Forza Italia! Associazione per il buon governo” insieme ad altre personalità politiche, e intraprende la carriera politica, rinunciando alla carica di presidente della Publitalia ‘80. Nel 1996 entra a far parte del Parlamento italiano come deputato e successivamente, nel 1999, diventa parlamentare europeo. Dopo le elezioni politiche del 2001, assume la carica di senatore della Repubblica. Nel 2013, dichiara la sua intenzione di ritirarsi dalla scena politica, rinunciando di percepire il vitalizio a partire dal 2015.
Una vta pericolosa quella di Dell’Utri. In cui le accuse, e le condanne per mafia, s’intrecciano alle questioni fiscali e perfino alla famosa storia del trafugamento di libri antichi. La passione per la tipografia e per la bibliofilia, da parte di Dell’Utri, lo ha spinto a vicende estreme. Legate al furto dei libri nella biblioteca napoletana dei Girolamini. 

I giudici lo accusarono di un’intesa preventiva tra l’ex direttore De Caro, suo amico e messo lì da Dell’Utri quando era potente, e l’ex senatore forzista per la consegna a quest’ultimo di alcuni volumi sottratti nella cinquecentesca biblioteca. Il senatore ne avrebbe ricevuti dieci o undici, oltre a una preziosa legatura, e li avrebbe restituiti. Mancherebbe però all’appello una copia dell’«Utopia» di Tommaso Moro. Non c’è prova di uno scambio penalmente rilevante, visto che non si capisce cosa l’esponente del Pdl avrebbe dato in cambio al funzionario statale. Però l’accusa c’è stata e il caso è montato diventando l’ennesima storiaccia intorno al personaggio. Con tanto di arresti per alcune persone coinvolte. Uno di questi è un legatore di Bologna, che avrebbe provveduto a cancellare dai libri rubati i contrassegni della Biblioteca, e un runner che faceva da cerniera tra gli antiquari e il gruppo che si appropriava dei volumi. Gli investigatori hanno ricostruito nei dettagli i meccanismi attraverso i quali la Biblioteca veniva depredata e attraverso quali canali i libri finivano in importanti librerie antiquarie (agli atti ci sono anche le dichiarazioni di noti antiquari). Ci sarebbe stato Dell’Utri in questo giro e comunque l’anziano fondatore di Forza Italia, per un motivo o per un altro, ha riempito le ronache politico-giudiziarie di questo Paese molto a lungo. E adesso, nonostante l’età continua a farlo.

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