NEW YORK
Dalla Terra a Marte: viaggio di sola andata, senza più ritorno. La cruda realtà che aspetta i primi volontari che partiranno per l'avventura spaziale verso il pianeta rosso è stata annunciata nel corso di una conferenza al MIT da Buzz Aldrin, uno dei due astronauti che nel 1969 a bordo dell'Apollo 11 misero piede per primi sulla Luna. Aldrin ha confessato in un libro pubblicato un anno fa, dal titolo Missione Verso Marte, che ha cominciato a sognare il prossimo sbarco proprio mentre aveva gli scarponi piantati sul cratere lunare del Mare della Tranquillità: «Il nostro pianeta visto da lì - ha scritto Aldrin - era chiaramente parte dello spazio celeste, in intima comunità con tutti gli altri corpi immersi nel buio. Dallo spazio viene la nostra storia, e nello spazio c'è il nostro futuro».
I PROBLEMI
Il primo dei problemi, e anche quello principale, è l'eccessiva esposizione alle radiazioni atomiche solari. Il protocollo della Nasa prevede che un astronauta non possa ricevere nel corso dell'intera carriera una dose superiore a 1 sievert, una misura che corrisponde al 3% di aumento della probabilità di sviluppare un tumore. Anche nelle migliori condizioni, nel corso dei 450 giorni necessari per andata e ritorno, l'accumulazione sarebbe già di 0,66 sievert, senza contare il tempo di permanenza nella base.
LE POSSIBILITÀ
Vale la pena di rischiare così tanto per un'avventura dai confini ancora così incerti? Buzz Aldrin non ha alcun dubbio: «Se non ci mettiamo al lavoro subito per rendere possibile questo viaggio, rischiamo di non poterlo più fare in futuro». Questo concetto è stato espresso con maggiore chiarezza da un altro dei sognatori del nostro tempo, l'imprenditore-inventore Elon Musk, che alla Mars One dovrebbe fornire i vettori SpaceX Heavy fabbricati dalla sua agenzia spaziale privata. «Possediamo già la tecnologia necessaria per questo viaggio, - dice Musk - ma non dobbiamo illuderci che la conoscenza ci assista per sempre: ricordiamoci che gli egiziani hanno eretto le piramidi, e poi hanno dimenticato come farlo. Vale la pena di dedicare a quest'impresa almeno l'1% delle risorse mondiali. L'umanità deve decidere se vuole concentrare tutte le uova in un solo paniere: la Terra, o se vale la pena di disperderci su più pianeti». La seconda opzione ci darebbe maggiori probabilità di sopravvivere ai disastri ambientali, a cominciare da quello che noi stessi stiamo infliggendo alla nostra biosfera.
Flavio Pompetti
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