Omicidio Moro, Pradissitto e Grenga non rispondono alle domande del gip

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Venerdì 26 Febbraio 2021, 05:03
L'INCHIESTA
Nessuna risposta o quasi dagli interrogatori di due delle quattro persone colpite da ordinanza di custodia cautelare lunedì per l'omicidio di Massimiliano Moro, freddato con alcuni di colpi di pistola nel suo appartamento in largo Cesti a Latina la sera del 25 gennaio 2010. Ieri mattina il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma Francesco Patrone, firmatario dell'ordinanza richiesta dai magistrati dell'Antimafia, ha ascoltato Andrea Pradissitto e Simone Grenga che insieme a Ferdinando Ciarelli, detto Furt e Ferdinando Ciarelli, detto Macù, sono chiamati a rispondere dell'uccisione commessa con metodo mafioso e per finalità di agevolazione mafiosa e maturata nell'ambito di una feroce guerra criminale esplosa nel 2010 a Latina tra le famiglie rom Ciarelli-Di Silvio da un lato e gruppi non rom che facevano capo ad altri due soggetti, tra cui la vittima. Il 31enne Pradissitto, assistito dall'avvocato Gaetano Marino, in collegamento dal carcere di Velletri dove è detenuto, ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere ma ha voluto comunque rilasciare spontanee dichiarazioni per proclamare la sua totale estraneità all'omicidio che gli viene attribuito. «Già in passato ero stato chiamato in causa per questa vicenda ma io non c'entro nulla e come allora non ci sono elementi contro di me» ha detto al giudice sottolineando come le dichiarazioni dei pentiti Renato Pugliese e Agostino Riccardo che hanno consentito agli investigatori di riaprire il caso individuando i responsabili non siano credibili. E' rimasto invece in completo silenzio Simone Grenga, ascoltato anche lui in video collegamento dal carcere di Pescara dove sta scontando una condanna: assistito dall'avvocato Luigi Marrandino, il 35enne si è avvalso della facoltà di non rispondere. Per ora non è stata depositata alcuna richiesta dalla difesa ma probabilmente nei prossimi giorni l'ordinanza di custodia cautelare sarà impugnata davanti al Tribunale del Riesame. Secondo gli investigatori della Squadra mobile di Latina che hanno condotto l'indagine riaperta dalla Direzione distrettuale antimafia l'uccisione di Moro ha rappresentato una dimostrazione di forza da parte dei clan Ciarelli e Di Silvio che si erano alleati per contrastare la possibile conquista di spazi in alcune attività criminali da parte del gruppo che faceva riferimento proprio alla vittima e ha rappresentato una vendetta per l'agguato contro Carmine Ciarelli, gambizzato il giorno precedente la morte di Moro che ne era considerato il responsabile.
Elena Ganelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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