Taken by me@lana_hago#8aprile pic.twitter.com/o7pDUsQg84
— Lana H. Haroun (@lana_hago) 8 aprile 2019
Versi molto popolari e già scanditi nelle proteste dell'anno scorso e durante le rivolte del 2013, con il paese sempre sotto il tacco di Bashir. «All'inizio - ha spiegato Alaa - ho trovato un gruppo di sei donne e ho cominciato a cantare, loro mi hanno seguito, e la gente è arrivata sempre più numerosa». Così la studentessa è salita sul tetto di un'auto, guidando i cori dei manifestanti: «La religione dice che se gli uomini vedono che qualcosa va male, non possono restare in silenzio», ha cantato, mentre la gente rispondeva gridando a intermittenza la parola «Rivoluzione!».
Sehr beeindruckend 🎧hör mal rein:
— Janan JassMi (@Saudische_Hexe) 10 aprile 2019
Die Frau im #Sudan, die in ihrem Land gegen Unrecht kämpft und das Revolutionslied des #Sudan_Uprising singt. #Kandaka : die nubische Königin pic.twitter.com/hHvL4zNXYi
Alaa portava il 'thobe', un abito bianco tradizionale. Sul web i suoi sostenitori l'hanno ribattezzata «Statua della libertà», ma soprattutto «Kandaka», «regina nubiana», appellativo riservato alle donne più valorose nell'antico Regno di Kush. Come Candace, regina di Nubia al tempo delle conquiste di Alessandro il Grande, che divenne il simbolo della lotta delle donne per i loro diritti nel paese.
Da mesi i manifestanti chiedono le dimissioni di al-Bashir, padre-padrone del paese africano da 30 anni, accusato di genocidio e crimini di guerra in Darfur dalla Corte Penale Internazionale. Da quando sono iniziate le proteste a dicembre, 38 persone sono morte, secondo i dati forniti dalle autorità locali. Ma secondo Human Rights Watch il numero è più alto. Adesso, anche grazie alla 'regina nubiana' ed al suo canto di rivolta, le rivendicazioni del popolo sudanese hanno valicato i confini del paese.
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