Avevano mappe, scorte di generi alimentari per giorni, lanciagranate, Ak-47. Era stato preparato un piano sofisticato per ingannare Israele, fare credere che il pericolo fosse a Nord, che in fondo a Gaza la situazione si stava normalizzando. L'assalto di Hamas del 7 ottobre è stato un successo nella logica criminale dell'organizzazione terroristica: ha lasciato sul terreno 1.300 morti israeliani in gran parte civili, ha consentito di prendere in ostaggio 239 persone (anche bambini) e mostrato la fragilità del sistema di sicurezza dello Stato ebraico considerato tra i migliori al mondo. Ora emerge, però, che una parte del piano non è stata completata: doveva esserci una fase 2 per arrivare fino alla Cisgiordania e mettere così in difficoltà anche l'Autorità nazionale palestinese.
Ferocia
Trucidare donne e bambini, incendiare le abitazioni e i kibbutz, ammazzare i giovani che partecipavano a una festa nel deserto o i braccianti agricoli thailandesi aveva un obiettivo preciso, che in parte è stato, quello sì, raggiunto: causare una reazione militare massiccia e rabbiosa di Israele, fare in modo che venisse versato molto sangue palestinese, come hanno detto apertamente, senza scrupoli morali, i vertici politici di Hamas (i leader che se ne stanno nel lusso degli hotel di Doha). L'attenzione, dopo il massacro del 7 ottobre, doveva spostarsi sull'azione militare, prevista e prevedibile, di Israele. E questo è avvenuto: oggi nelle piazze di tutto il mondo, anche in Occidente, incredibilmente nessuno parla più di un massacro terribile come quello del 7 ottobre, sembra essere stato rimosso dalle coscienze, ma si protesta solo contro la risposta militare di Israele. Anche a questo puntava Hamas.A ricostruire il grande piano è stata una lunga inchiesta del Washington Post, che ha sentito decine di esperti, funzionari e analisti di intelligence occidentali e mediorientali. Tutti concordano: Hamas e i suoi sostenitori ricorderanno il 7 ottobre come un successo. L'organizzazione terroristica voleva ritrovare un'attenzione internazionale che aveva perduto e c'è riuscita. La preparazione è durata diversi anni, è consistita nell'acquisto di armi, nell'addestramento di migliaia di miliziani nella città sotterranea dei 500 chilometri di tunnel sotto Gaza, è stata studiata in gran parte dal leader militare di Hamas, Yehya Sinwar, a cui oggi l'esercito israeliano sta dando la caccia. Utilizzando anche tecnologie semplici, come droni a basso costo, sono state realizzate le mappe dell'area circostante la Striscia, mentre alcuni dei 20mila palestinesi che ogni giorno uscivano da Gaza per lavorare in Israele hanno consentito di accumulare informazioni. Ma ancora più sofisticata è stata la strategia politica: negli ultimi due anni Hamas ha scelto un profilo basso, ha simulato di non cercare più lo scontro, convincendo Netanyahu a spostare forze militari e attenzione a Nord, in Cisgiordania.