I lupi mutanti di Chernobyl, così l'effetto delle radiazioni li ha resi più resistenti al cancro

Un apparente paradosso, considerata la massiccia quantità di radiazioni alla quale sono esposti. Ma le conclusioni di un rapporto pubblicato dalla rivista Current Biology sono chiare

I lupi mutanti di Chernobyl, così l'effetto delle radiazioni li ha resi più resistenti al cancro
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Venerdì 9 Febbraio 2024, 17:32 - Ultimo aggiornamento: 19:34

Trentasette anni dopo il disastro nucleare di Chernobyl, oggi in territorio ucraino, diverse specie animali si sono moltiplicate nella cosiddetta zona d’esclusione, un territorio nel raggio di 30 chilometri dall’impianto nel quale la presenza umana è interdetta. Cervi, caprioli, cinghiali e lupi sono di nuovo presenti in numero considerevole, hanno rilevato alcuni studi internazionali. Con una particolarità: i lupi - il cui numero è sette volte superiore a quello registrato nei parchi naturali della medesima regione - hanno sviluppato delle straordinarie capacità anticancro.

 

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Monitoraggio

Un apparente paradosso, considerata la massiccia quantità di radiazioni alla quale sono esposti.

Ma le conclusioni di un rapporto pubblicato dalla rivista Current Biology sono chiare: le analisi del genoma dei lupi di Chernobyl hanno fatto emergere delle porzioni di dna mutate che paiono resistenti al rischio di sviluppare tumori. Una scoperta, spiegano gli scienziati, che infonde ottimismo perché potrebbe aiutare i ricercatori che studiano la malattia negli essere umani. A seguito dell’esplosione del reattore nucleare nel 1986, oltre 100.000 persone sono state evacuate dalla città e da allora l’area è rimasta abbandonata. Qui, dove gli animali selvatici vagano per le terre desolate, Cara Love, biologa evoluzionista ed ecotossicologa dell’Università di Princeton, ha studiato come i lupi di Chernobyl sopravvivono nonostante generazioni di esposizione a particelle radioattive. Nel 2014 Love e il suo gruppo di lavoro hanno messo dei radiocollari agli animali per monitorarli: «Controlliamo in tempo reale dove si trovano i lupi e il livello di radiazioni al quale sono esposti». Hanno inoltre prelevato campioni di sangue per verificare la loro risposta, scoprendo che ogni giorno sono bombardati da più di 11,28 millirem di radiazioni, oltre sei volte il limite di sicurezza per un essere umano. Cara Love ha scoperto che i lupi hanno un sistema immunitario alterato simile a quello dei malati di cancro sottoposti a radioterapia ma, elemento ancora più significativo, ha anche identificato parti specifiche delle informazioni genetiche degli animali che sembrano resistenti all’aumento del rischio di cancro. Sarebbe stata proprio l’esposizione costante, duratura e massiccia al fallout radioattivo ad avere modificato una generazione dopo l’altra il genoma dei lupi, fino a renderli dei mutanti con possibili adattamenti che permetterebbero loro di resistere al cancro. Come precisato in un comunicato pubblicato dalla Society for Integrative and comparative biology, gli autori della ricerca sperano di individuare le mutazioni in grado di proteggere anche l’essere umano dal cancro.

Rane e cinghiali

Quello dei lupi non è il primo caso di adattamento riscontrato nella zona di esclusione di Chernobyl. Un recente studio su 302 cani ha constatato che l’ambiente circostante li ha resi geneticamente diversi da ogni altro loro simile nel mondo, tanto da costituire una nuova razza. Gli scienziati hanno accertato la presenza di rane dalla colorazione alterata - non più verde brillante ma scura per resistere meglio alle radiazioni grazie alla loro pigmentazione - e di cinghiali tuttora radioattivi. In Svezia e Germania ancora oggi si riscontrano allarmanti livelli di cesio-135 e cesio-137 nei cinghiali presenti sul territorio e cacciati localmente. Anche in Italia a partire dal 2007 e in particolare nelle zone dell’alto Piemonte sono stati trovati cinghiali radioattivi con evidenti tracce di cesio 137. Secondo i ricercatori la responsabilità sarebbe dei test sulle armi nucleari, di Chernobyl e di alcuni funghi del genere Elaphomyces. Di questi funghi ipogei, che si sviluppano cioè nel terreno, ne vanno particolarmente ghiotti i cinghiali. Ingerendoli, il cesio si sarebbe trasferito agli ungulati, rendendoli più radioattivi di altre specie.

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