L’Europa coccola i giovani contro l’astensionismo

L’Europa coccola i giovani contro l’astensionismo
di Italo Carmignani
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Giovedì 14 Febbraio 2019, 23:02 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 14:12
dal nostro inviato
STRASBURGO Quattordicimila volontari (per ora) solo in Italia: è la riposta del Parlamento europeo a uno dei mali più gravi delle prossime elezioni indette per dare all’Europa una nuova identità politica, l’astensionismo. Se il Belgio, Cipro e la Grecia non avvertono il problema perché andare a votare è obbligatorio per legge (in caso contrario si finisce sotto processo) in Italia la volontà di recarsi alle urne viene misurata solo attraverso il buonsenso e la sensibilità civica. Un problema, quello dell’astensionismo, che assume caratteri drammatici tra i ventenni: in Italia, come negli altri paesi dell’Unione, la percentuale dei votanti è calcolata sotto il 30 per cento, vuol dire che solo appena tre giovani su dieci andranno alle urne. L’antidoto si chiama #stavoltavoto. Spiega Raffaella De Marte, capo unità del servizio stampa del Parlamento europeo: «È una parte di campagna che nasce dalla constatazione del fatto che tante persone dicono che l'Europa per loro è un valore positivo e che si ritrovano nei principi europei, ma nel momento di scegliere se votare o no, non per una scelta politica ma per mancata conoscenza della data o per scarso interesse sulle modalità di voto, l'appuntamento con l'Europa semplicemente salta». 
 


CONCERTI E TORNEI DI BRISCOLA
Questa volta, però, l’Europa invita compatta a non saltare l’appuntamento elettorale. Ancora la De Marte: «C'è troppo in gioco, quindi abbiamo fatto una campagna che non sia solo di un'istituzione che informa e che comunica e che facilita le modalità di voto, ma anche di un'istituzione che mette a disposizione una piattaforma che permetta a chiunque abbia a cuore l'avvenire dell'Europa di fare la sua parte, di dare una mano. Come? Come volontari, come attivisti: quelli che sono bravi sulle reti sociali possono cercare di condividere le informazioni sulle date del voto; quelli che sono più all'antica posso organizzare un evento, un barbecue, una festa, un dibattito, un torneo di briscola. Quindi ognuno può fare la propria parte: questo è lo spirito della campagna».
E in Italia qualcosa si sta muovendo e tante persone si stanno dimostrando sensibili al nuovo approccio di questa campagna. «La  risposta è positiva – aggiunge De Marte e, forse anche a causa del clima che si respira, c'è tanta gente che ha voglia di rimboccarsi le maniche e fare qualcosa per l'Europa». Lanciata alcuni mesi fa, l’iniziativa ha raccolto circa 12mila iscritti, dei quali oltre 1000 volontari che come primo step hanno creato un gruppo Facebook. Un modo per scambiare idee, appuntamenti e iniziative. «Si sono dimostrati da subito molto attivi. Per esempio, c'è una ragazza toscana che va ai concerti e perseguita i vip per fare video in cui dicano “Stavolta voto”». Un seguito che non ha distinzioni geografiche e anche se gli uffici che coordinano le iniziative sono ubicati a Roma e a Milano, la campagna intende coprire in modo capillare tutto il territorio, con “ambasciatori” presenti da Nord a Sud. «Gli uffici hanno inviato una persona in quasi tutte le province per raccogliere volontari, in modo che in ogni regione ce ne sia un gruppo che possa lavorare insieme». L’obiettivo ovviamente è portare più persone possibile alle urne, invertendo la tendenza che vede le consultazioni continentali quelle con “meno appeal” tra gli elettori. «Puntiamo a questo ma chiaramente le campagne di informazione non portano le persone a votare: il voto resta una responsabilità di ognuno di noi».

PAROLA D’ORDINE NEUTRALITÀ
Un segno distintivo di “Stavolta voto” è la sua neutralità e trasversalità anche rispetto a chi, da qui alle elezioni, dovesse “tifare” per l’astensionismo. «La nostra campagna è istituzionale – ribadisce Raffaella De Marte – e vuol essere un incoraggiamento all'atto democratico, a prendere in mano il proprio destino e scegliere l'Europa che vogliamo. Ovviamente i cammini possibili sono diversi: o un’Europa che sia più integrata, più efficiente votata a mettere più cose in comune; o un’altra via, indicata dai partiti più sovranisti, che punta a rimpatriare le competenze. Questa diversa visione del futuro dell'Europa c'è ed è giusto che ogni cittadino prenda la propria responsabilità e decida: questa scelta non influenzerà solo il nostro futuro ma anche, almeno, quello dei nostri figli».
Non a caso si è portati a considerare le Europee 2019 come le elezioni più importanti della storia del voto continentale. Un peso attribuito dalle forze centrifughe che allontanano Paesi e cittadini dall’idea stessa di Unione; sentimento alla cui diffusione ha contribuito anche la Brexit. «Dopo quel voto – sostiene De Marte - si è capito che l'Unione europea non è un progetto così irreversibile, non è una cosa che sta lì e ci starà per sempre. Quindi, c'è questa presa di coscienza che se l'Ue deve essere mantenuta e protetta, probabilmente il voto è un modo di rinforzare la sua legittimità democratica. Ed è la prima volta che ci troviamo di fronte a una situazione simile, ovvero che un paese membro è uscito. Abbiamo uno scenario internazionale molto meno stabile di prima, nel senso che l'Unione si ritrova, da un lato la Russia, dall'altro gli Stati Uniti che non sono più l'alleato e il partner di prima. Quindi per l'Europa questo è il momento della verità». 

LA VECCHIA ALLEANZA 
In base ai sondaggi, le due grandi famiglie del Parlamento europeo, Socialisti e Popolari, al momento non raggiungerebbero il 50 per cento dei seggi. Tra i quali, mancheranno i 73 del Regno Unito che, come quelli italiani, sono stati distribuiti in base alla proporzione del Paese. «Perderemo i 73 deputati – aggiunge De Marte - sempre che la Brexit finisca come pensavamo. È tutto molto aperto ma se il Regno Unito uscisse dalla Ue alla data di scadenza dell'articolo 50, quindi il 29 marzo, con 73 parlamentari inglesi in meno, 46 seggi andrebbero persi. L'altra parte, però, rimane in una riserva che sarà riallocata ai paesi che nel frattempo hanno modificato la loro demografia. A cominciare dalla Spagna che guadagnerà cinque, mentre l’Italia ne avrà altri tre».
 
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