“La moda proibita” Roberto Capucci e il futuro dell'Alta Moda, il docufilm presentato all’Ara Pacis

“La moda proibita” Roberto Capucci e il futuro dell'Alta Moda, il docufilm presentato all’Ara Pacis
di Laura Bolasco
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Mercoledì 10 Aprile 2019, 18:52
L’iconica sciarpa viola intorno al collo ed il sorriso di chi ne ha vissute e disegnate tante. Ieri sera all’Ara Pacis per la presentazione del docufilm sulla sua vita realizzato da Ottavio Rosati in collaborazione con l’Istituto Luce Cinecittà c'era lui, Roberto Capucci, stilista, poeta, artigiano e scultore della seta. Della sua vena artistica e visionaria c’è poco ancora che il mondo non conosca, forse però non tutti sanno che il giorno in cui nacque la moda italiana un giovanissimo Capucci era lì, con le sue creazioni già all’epoca immense e avanguardiste, in procinto di firmare un pezzo fondamentale della storia della moda mondiale. Mentre Chanel realizzava i suoi tailleur semplificando le linee e smaltendo la figura della donna, Capucci ne esaltava corpo e spirito, gonfiando volumi e ampliandone gli orizzonti. Mentre Armani lanciava i primi shorts, Capucci colorava costruzioni di plissé, sognando un universo fatto di eleganza misto seta. Piano piano presero vita Farfallone, Fuoco, l’Angelo D’oro, Nove Gonne, Bouganville ed Oceano, un vero e proprio mare di taffetà da 172 sfumature di azzurro.
Un ricercatore di linee e forme più che uno stilista, un architetto che lavora i tessuti più che un couturier: da Adriana Mulassano (preziosa collaboratrice alla sceneggiatura) ad Anna Fendi, le testimonianze sul lavoro di Capucci aggiungono emozioni e particolari alla storia di un artista innamorato del disegno e della sua Roma. In perenne stato di ispirazione, dai colori dell’India, all’arte (si ispirò al Caravaggio per l’abito di velluto con cui Rita Levi Montalcini ritirò il nobel per la medicina nel 1986) in ogni sua variante.
Il coraggio di essere sempre fedele a se stesso, lasciando la Camera della Moda quando nel 1980 cambiarono le regole, ed ad una sola musa, Silvana Mangano, per la quale realizzò i costumi da indossare in “Teorema” di Pasolini.
In adorazione di un unico Dio, Michelangelo, e della vita, la stessa di cui sono modellati e tinti i suoi abiti-scultura, in costante viaggio per i musei di tutto il mondo. Ventagli, balze e pieghe in cui luci e sfumature assumono le sembianze di un sogno, inaccessibile e bellissimo.
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