Francesca Comencini racconta le partigiane nella Roma del nazismo: «Le eroine della memoria»
Quando la regista Katja Colja, slovena nata a Trieste, una vita trascorsa nel cinema con maestri come Ettore Scola o i fratelli Taviani, apprezzata sceneggiatrice e documentarista, ha deciso di impegnarsi nel suo primo lungometraggio, “Rosa” appunto, ha incontrato non poche difficoltà. Una, in particolare, è stata quella di trovare un’attrice che accogliesse in pieno la sfida che la pellicola proponeva: quella di mettere a nudo la sessualità di una donna matura, sessantenne, parlando senza filtri di piacere sessuale, sex toys ed autoerotismo, e coniugando tutto questo con un argomento altrettanto delicato e difficile, la morte di una figlia e il lutto. Per rappresentare un personaggio complesso e innovativo come quello di Rosa era necessaria un’attrice capace di restituire le emozioni che il film voleva raccontare, in piena verità.
Alla fine la ricerca si è conclusa grazie all’incontro con Lunetta Savino: «Sebbene il film non sia nato con questo proposito, è innegabile che esso agisca per scardinare tabù culturali legati alla sessualità e al corpo femminile, soprattutto se è quello di una donna matura, madre e moglie. Anche per questo non è stato facile portare a termine il film: è stato quasi un parto, una gestazione di circa due anni, dolorosissima ma bellissima. C'è voluta la volontà di tutti coloro che hanno creduto in questo progetto, perché si tratta di un film non banale, di quelli che si fanno poco in Italia. La questione di genere è infatti ancora molto presente nel cinema italiano».
«Sono ancora tante le resistenze che si trovano nel cinema italiano, molto maschilista, e non del tutto capace di superare stereotipi di genere consolidati. La maggior parte dei registi sono uomini: non penserebbero mai ad un film come questo, perché moltissimi di loro continuano a immaginare le donne come in subordine rispetto ai ruoli maschili. Quando ciò non avviene, spesso è perché le attrici che spiccano hanno un legame particolare, non solo professionale, con il regista stesso. Rarissimo poi è veder raccontate storie che rappresentino la vita sessuale di donne mature. Per questo Rosa è un miracolo, una donna vera e coraggiosa».
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